La crescente incidenza della febbre del Nilo occidentale in Italia, un fenomeno acuito dalle alterazioni climatiche e dalla conseguente espansione del vettore, la zanzara *Culex pipiens*, richiede un approccio integrato e proattivo che superi la mera reazione all’emergenza.
Un tavolo tecnico, recentemente convocato a Oristano, ha rappresentato un’occasione cruciale per definire strategie di gestione del rischio che tengano conto della complessa interazione tra salute umana, animale e ambiente, secondo i principi dell’approccio “One Health”.
L’analisi condivisa, a cui hanno partecipato figure chiave provenienti dalla sanità pubblica, dall’ambiente, dalla veterinaria, dalla provincia, e da enti come Anci e Arpas, ha evidenziato la necessità di mitigare gli allarmismi, contestualizzando il rischio nel panorama delle malattie infettive stagionali, pur riconoscendone la potenziale gravità per le categorie più vulnerabili (anziani, immunodepressi, neonati).
Le strategie delineate si articolano su tre pilastri fondamentali: intensificazione degli interventi di controllo vettoriale, promozione di comportamenti responsabili da parte della popolazione, e rafforzamento della sorveglianza epidemiologica e veterinaria.
L’incremento delle azioni di controllo delle zanzare non si limita all’impiego di disinfestazioni mirate, ma include la mappatura dettagliata delle aree a rischio, l’ottimizzazione delle tecniche di monitoraggio larvale e adulto, e l’implementazione di sistemi di gestione integrata dei vettori (IPM) che minimizzino l’impatto ambientale.
È imperativo investire nella ricerca e nello sviluppo di nuove tecnologie e approcci innovativi, come l’utilizzo di *Wolbachia* per ridurre la capacità trasmissiva delle zanzare.
Parallelamente, è cruciale una campagna informativa capillare e multicanale, che superi i messaggi di prevenzione standard e promuova una reale consapevolezza dei rischi e delle misure di protezione individuali e collettive.
Ciò implica educare la popolazione sull’importanza di eliminare i ristagni d’acqua, utilizzare repellenti, indossare abiti protettivi e, ove possibile, ridurre l’esposizione alle punture di zanzara, soprattutto nelle ore serali e notturne.
La sorveglianza epidemiologica deve estendersi al monitoraggio costante degli animali sentinella, in particolare gli uccelli selvatici, che fungono da serbatoi naturali del virus, e degli equidi, spesso colpiti dalla malattia.
L’analisi dei campioni biologici provenienti da questi animali consente di identificare precocemente la presenza del virus e di orientare gli interventi di controllo.
L’assessora regionale all’Ambiente ha sottolineato che la gestione della febbre del Nilo occidentale non può prescindere dalla comprensione delle dinamiche ambientali che ne favoriscono la diffusione.
I cambiamenti climatici, con l’aumento delle temperature e l’alterazione dei modelli meteorologici, stanno creando condizioni sempre più favorevoli alla proliferazione delle zanzare e all’espansione del virus.
La resilienza di fronte a queste sfide richiede un impegno costante per la riduzione delle emissioni di gas serra e l’adattamento alle nuove realtà ambientali.
Il tavolo tecnico ha infine proposto l’evoluzione della sua struttura provinciale in un organismo regionale, con l’obiettivo di coordinare gli sforzi e condividere le risorse a livello più ampio.
Questo passaggio rappresenta un elemento chiave per garantire una gestione efficace e sostenibile del rischio febbre del Nilo occidentale, promuovendo un approccio integrato che tenga conto delle interconnessioni tra salute umana, animale e ambientale.
La sfida è quella di trasformare la consapevolezza del problema in azione concreta, tutelando la salute della comunità e preservando l’ecosistema.







