Il quadro emerso dall’analisi delle prove contrasta con l’ipotesi di un atto impulsivo o scaturito da una reazione emotiva improvvisa.
I giudici della Prima Corte d’Assise di Roma, nelle motivazioni che hanno determinato la condanna all’ergastolo di Claudio Campiti per la strage di Fidene dell’11 dicembre 2022, sottolineano con chiarezza la premeditazione e la deliberata pianificazione dell’azione criminale.
L’esecuzione, che si è consumata con la tragica perdita di quattro vite innocenti durante una riunione condominiale, non è il frutto di una perdita di controllo momentanea, ma rivela un disegno criminale strutturato.
La sentenza, depositata dopo un’approfondita valutazione della documentazione e delle testimonianze raccolte, evidenzia come l’imputato abbia agito con lucidità e una ferrea determinazione, elementi che ne escludono la possibilità di una diminuzione della responsabilità penale.
L’assenza di un movente apparente, o la sua complessità, non inficia la gravità delle responsabilità accertate.
La meticolosità nella preparazione, l’organizzazione degli strumenti e la scelta del momento e del luogo dell’atto violento, configurano un disegno criminoso che trascende la mera impulsività.
La decisione della Corte, profondamente consapevole del dolore e del lutto che affliggono le famiglie delle vittime e l’intera comunità, mira a riaffermare la necessità di un giudizio severo e inappellabile nei confronti di chi, con premeditazione, priva altri della vita, minando i principi fondamentali della convivenza civile.
La sentenza non solo punisce il colpevole, ma mira a fornire una risposta, seppur parziale, al bisogno di giustizia e di sicurezza che permea la società.
L’approfondimento delle motivazioni evidenzia come l’amministrazione della giustizia, nel suo percorso, debba considerare non solo il singolo atto criminale, ma anche il contesto sociale e le dinamiche che possono aver contribuito alla sua genesi, al fine di prevenire e contrastare fenomeni simili.