Ad Ancona, in una piazza Roma gremita, si è consumata oggi un’eco potente di dolore e di rivendicazione.
Un centinaio di persone, un microcosmo di coscienze attive, si sono riunite per un presidio dal titolo evocativo: “Insieme per ricordare”.
L’azione, che ha assunto le forme di un flashmob partecipativo, ha voluto dare voce a un lutto collettivo, scandendo un elenco straziante: i nomi dei bambini e delle bambine vittime del conflitto israelo-palestinese, un elenco che in soli ventidue mesi ha assunto proporzioni drammatiche.
Il cuore simbolico della piazza è stato segnato da un allestimento semplice ma denso di significato.
Bandiere palestinesi, emblemi di una terra ferita e di una popolazione in sofferenza, si sono affiancate a vessilli bianchi, simboli universali di speranza e di richiesta di cessazione delle ostilità.
Tra questi, sono state disposte scarpe di piccole dimensioni, oggetti quotidiani trasformati in monito silenzioso, testimonianza tangibile dell’innocenza spezzata, della giovinezza negata.
Gli striscioni, esposti con fermezza, hanno espresso un dissenso chiaro e diretto verso le scelte politiche che hanno portato a questa escalation di violenza, invocando a gran voce la liberazione della Palestina.
Ma l’evento non è stato solo un atto di protesta.
È stato un atto di memoria, un impegno civile, un grido di umanità.
L’iniziativa, un tessuto connettivo di impegno sociale, ha visto la convergenza di numerose realtà associative.
Il coordinamento “Marche per la Palestina”, con la sua profonda conoscenza del contesto e la sua decennale attività di supporto, ha trovato un punto di forza in collaborazioni con realtà come Arci, custode dei valori della democrazia e della partecipazione; Anpi, sentinella della memoria antifascista e della resistenza; Amnesty International, voce in difesa dei diritti umani; Libera, impegnata nella lotta contro le mafie e nella promozione della legalità; e Emergency, che da anni porta soccorso medico e umanitario in zone di conflitto.
Il presidio, dunque, non è stato una semplice manifestazione, ma un’espressione di una comunità civile che si fa carico di una responsabilità morale, un invito a non dimenticare, a interrogarsi e a cercare soluzioni pacifiche, un appello all’umanità per un futuro in cui le scarpe di bambino non siano più un simbolo di lutto, ma di speranza e di gioco.