Una troupe del Tg3 si è trovata al centro di un’aggressione verbale e fisica in un villaggio del Libano appena colpito da bombardamenti. Nonostante gli aggressori non avessero segni distintivi né armi, l’atmosfera tesa tipica di una zona di guerra ha fatto rapidamente salire la paura. Prima che emergesse la verità sul fatto che si trattava solo di un’espressione disperata, l’autista libanese Ahmad Akil Hamzeh è crollato a terra, vittima di un infarto improvviso.Per l’inviata Lucia Goracci, l’operatore Marco Nicois e la fixer Kinda Mahaluf, che sono riusciti a uscire illesi dall’incidente, quei momenti sono stati come un incubo durato diversi minuti. Anche negli uffici della Rai a Roma il clima era teso e preoccupato per le sorti della troupe in missione. La vicenda ha evidenziato quanto sia delicato e rischioso il lavoro giornalistico in contesti ad alto rischio come quello del Medio Oriente.Nonostante la paura e lo shock dell’accaduto, il team del Tg3 ha dimostrato professionalità e coraggio nel continuare a svolgere il proprio compito informativo anche nelle situazioni più difficili. L’episodio ha messo in risalto i pericoli a cui giornalisti e operatori sono esposti quotidianamente nel cercare di raccontare la verità da luoghi spesso instabili e pericolosi come quello del Libano post-bellico.
Troupe del Tg3 aggredita in Libano: paura e coraggio nel raccontare la verità
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