Un’onda di rabbia e disperazione si è riversata nelle strade di Palermo, incarnata da circa duecento giovani, tra i quattordici e i diciotto anni, che si sono riuniti in una spontanea mobilitazione.
Il grido che li accomuna, lacerante, è una risposta diretta alla tragica perdita di Paolo Taormina, un ventunenne strappato alla vita in un atto di violenza che ha ulteriormente scalfito la fiducia nella sicurezza urbana.
Lungi dall’essere una semplice protesta, l’iniziativa si configura come un tentativo disperato di riappropriarsi di un diritto fondamentale: quello di vivere in una città sicura, dove la paura non possa condizionare le scelte quotidiane, dove la notte non diventi sinonimo di pericolo.
Uno dopo l’altro, i ragazzi hanno preso la parola, trasformando la piazza in un palcoscenico per denunciare un clima di insicurezza pervasivo, un’ombra che si allunga sui luoghi della movida, sui percorsi che collegano casa al divertimento, sui sogni di una gioventù costretta a vivere nell’angoscia.
“Vogliamo poter uscire, divertirci, e poi tornare a casa sani e salvi,” ha affermato un giovane studente, riassumendo il nucleo della loro richiesta.
Non si tratta solo di una questione di sicurezza fisica, ma anche di libertà, di possibilità di vivere pienamente la propria giovinezza senza il peso costante della minaccia.
La loro richiesta non si limita a una semplice richiesta di maggiore presenza delle forze dell’ordine.
È un appello per un cambiamento strutturale, per una riorganizzazione delle politiche di sicurezza urbana, per una profonda riflessione sulle cause che alimentano la criminalità.
I ragazzi chiedono una maggiore efficacia dei controlli, certo, ma anche un impegno concreto per il recupero dei territori marginalizzati, per la promozione di iniziative sociali che offrano alternative alla violenza, per un rafforzamento del dialogo tra istituzioni e comunità.
La mobilitazione di questi giovani non è solo una risposta al dolore, ma anche un atto di speranza.
È la voce di una generazione che rifiuta di rassegnarsi alla paura, che rivendica il diritto a un futuro sicuro e sereno, che esige dai responsabili politici e dalla società civile un impegno concreto per un cambiamento reale.
È un monito, un segnale che la fragilità di una comunità si misura con la sua capacità di ascoltare e rispondere alle voci dei suoi giovani.








