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Giacomo Saccomanno: Riapre il processo per omicidio colposo

Il caso di Giacomo Saccomanno, il bambino di due anni deceduto il 3 gennaio 2019, riemerge con una nuova fase giudiziaria, segnando un punto di svolta rispetto alle precedenti indagini.
Cinque medici dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù di Roma sono stati rinviati a giudizio con l’accusa di omicidio colposo, in un procedimento che si appresta a sviscerare le responsabilità legate a un presunto errore medico durante l’impianto di un pacemaker.
Il Giudice per le Indagini Preliminari ha disatteso la richiesta di archiviazione formulata dalla Procura, aprendo la strada a un processo che si terrà davanti alla nona sezione collegiale del Tribunale di Roma.

La vicenda, intrisa di dolore e complessità, ha origine in Calabria, dove Giacomo è nato affetto da una grave cardiopatia congenita.
In un primo momento, il bambino è stato sottoposto a un intervento di impianto di pacemaker presso il centro cardiologico pediatrico Mediterraneo dell’Ospedale Bambino Gesù di Taormina.
Tuttavia, l’intervento non ha prodotto i risultati sperati, e la condizione del piccolo non è migliorata.
Il 31 dicembre 2018, Giacomo è stato trasferito a Roma, presso la sede principale dell’Ospedale Bambino Gesù, dove, tragicamente, è deceduto pochi giorni dopo.
Le indagini preliminari, inizialmente archiviate, sono state riaperte a seguito di nuovi elementi pervenuti agli inquirenti.
L’impianto accusatorio si concentra sulle modalità con cui i medici romani hanno gestito la situazione del bambino.
Secondo la ricostruzione accusatoria, l’intervento a Roma sarebbe avvenuto con un ritardo significativo rispetto alle necessità del paziente.
Un elemento cruciale della contestazione riguarda la presunta errata gestione delle cannule arteriosa e venosa, posizionate in maniera impropria sul lato sinistro del collo del paziente, circostanza che, secondo l’accusa, avrebbe contribuito al suo rapido deterioramento clinico e al decesso.

La famiglia di Giacomo, rappresentata dagli avvocati Domenico Naccari e Jacopo Macrì, si è costituita parte civile nel procedimento, al fine di tutelare i propri diritti e ottenere giustizia per la perdita del figlio.
Il caso solleva interrogativi profondi sulla responsabilità medica, sulla tempistica degli interventi e sulla corretta gestione delle emergenze pediatriche.

L’errore medico, se confermato, rappresenta una violazione del dovere di diligenza e accuratezza che ogni professionista sanitario è tenuto a osservare, con conseguenze drammatiche per il paziente e i suoi familiari.

Il processo si preannuncia come un’occasione per fare luce su dinamiche complesse e per auspicare un miglioramento continuo nella qualità dell’assistenza sanitaria offerta ai più piccoli.
La vicenda non è solo un dramma familiare, ma anche un monito per il sistema sanitario, spingendo verso una maggiore attenzione alla sicurezza del paziente e alla formazione continua del personale medico.

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