L’assenza di un confronto diretto con il territorio rischia di sminuire l’impatto delle iniziative di ricostruzione, lasciando trasparire una distanza critica tra la narrazione ufficiale e la realtà vissuta dalle comunità colpite dal sisma.
La recente scelta del sindaco di Amatrice, Giorgio Cortellesi, di rinunciare a cerimonie commemorative per il nono anniversario del terremoto del 2016, rappresenta un atto di sobria responsabilizzazione che, paradossalmente, ha innescato una reazione di difesa da parte del commissario straordinario per la ricostruzione, Guido Castelli.
Anna Casini, capogruppo del Partito Democratico in Consiglio regionale delle Marche, ha espresso apertamente la propria insofferenza nei confronti di una risposta che appare più orientata a giustificare ritardi e inefficienze che ad affrontare concretamente le problematiche esistenti.
L’impegno formale, la partecipazione a eventi istituzionali, rischia di mascherare una mancanza di contatto autentico con le esigenze dei cittadini, generando un senso di disaffezione e sfiducia.
La critica di Casini non si limita a un mero giudizio di circostanza, ma si configura come un appello a una maggiore trasparenza e responsabilità.
L’invito rivolto a Castelli è esplicito: abbandonare le strategie comunicative dilatate, i discorsi a vuoto, e confrontarsi direttamente con la complessità del territorio.
Non si tratta di negare l’importanza di un racconto condiviso, ma di assicurarsi che esso sia profondamente radicato nella realtà, che rifletta le difficoltà, le speranze, le frustrazioni di chi ha subito le conseguenze del disastro.
La ricostruzione non è un esercizio di immagine, una messa in scena progettata per il consumo pubblico.
È un impegno morale e sociale che richiede un’immersione profonda nel tessuto delle comunità, un ascolto attento e costante, una capacità di adattamento alle mutevoli esigenze.
Solo così sarà possibile trasformare il dolore e la perdita in opportunità di rinascita e di progresso.
La vera prova di Castelli non risiede nella capacità di organizzare eventi spettacolari, ma nella capacità di costruire ponti reali tra l’istituzione e i cittadini, di accogliere le loro voci e di tradurle in azioni concrete.
E ciò implica, imprescindibilmente, un cambio di prospettiva, un abbandono delle comode trappole del metaverso per abbracciare la cruda, ma essenziale, realtà del campo.