Ancona, allarme violenza di genere: 106 episodi da inizio anno.

Nella provincia di Ancona, i dati del Comando Provinciale Carabinieri, elaborati in sinergia con Prefettura, Autorità Giudiziaria, altre forze dell’ordine e i centri antiviolenza, tracciano un quadro allarmante della persistenza e della complessità della violenza di genere.

Dall’inizio dell’anno, si sono registrati 106 episodi di maltrattamenti, un numero che, pur indicativo, non esaurisce la reale portata del fenomeno, oscurato dalla diffusa sottostima delle dinamiche abusive.

Al di là delle sole aggressioni fisiche, le indagini hanno portato alla luce 46 casi di stalking, comportamenti persecutori che minano la libertà personale e creano un clima di terrore nelle vittime.

Particolarmente inquietante è l’aumento dei reati sessuali, con 11 denunce, di cui sette riguardanti minori, evidenziando una vulnerabilità specifica e la necessità di interventi mirati.

L’emergere di 5 casi di revenge porn, con un episodio gravato dall’estorsione, rivela la perversione con cui la tecnologia viene utilizzata per esercitare controllo e infliggere sofferenza, trasformando immagini private in strumenti di coercizione economica e psicologica.

Le fattispecie riconducibili al codice rosso, benché marginali in termini numerici, denunciano situazioni di grave violazione dei diritti fondamentali: un caso di costrizione matrimoniale forzata e uno di interruzione di gravidanza non consensuale, che testimoniano l’annullamento della volontà femminile e la negazione del diritto all’autodeterminazione.
L’applicazione di misure cautelari e restrittive, con 19 ordini di allontanamento dalla casa familiare e 10 persone monitorate tramite braccialetto elettronico, riflette la necessità di tutelare le vittime e prevenire ulteriori aggressioni.
Le 16 persone tratte in arresto, sia in custodia cautelare che per l’aggravamento di precedenti provvedimenti, indicano la gravità delle condotte e la difficoltà di interrompere cicli di violenza reiterati.

L’arresto in flagranza di due persone per violazione del divieto di avvicinamento e le sette denunce per lo stesso reato testimoniano l’inefficacia, o la superficialità, di alcune misure di prevenzione.

Il Colonnello Roberto Di Costanzo sottolinea con preoccupazione la persistente “ritrosia a denunciare”, un ostacolo cruciale che impedisce di emergere la piena portata del fenomeno.

Questa reticenza, spesso alimentata dalla paura di ritorsioni, dalla dipendenza psicologica nei confronti dell’aggressore e dalla vergogna, fa sì che la denuncia avvenga, troppo spesso, come atto finale di un percorso di abusi prolungati nel tempo.

La collocazione in strutture protette di 16 adulti e bambini denota un intervento di emergenza, ma non risolve il problema alla radice.

Il Colonnello Di Costanzo esprime inoltre la necessità di superare la “ritrosia a ricorrere al supporto delle organizzazioni di accoglienza e dei centri antiviolenza”.

L’accesso a risorse psicologiche e materiali è fondamentale per la riabilitazione delle vittime, per ricostruire la loro autostima e per spezzare il ciclo della violenza.
La creazione di una rete di supporto solida, accessibile e capillare sul territorio si configura come imperativo urgente per contrastare efficacemente la violenza di genere.

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