lunedì 15 Settembre 2025
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Ancona, sparato un pitbull: polemiche e indagini sull’uso della forza

Un tragico episodio ha scosso la comunità di Ancona, innescando un acceso dibattito sull’uso della forza e la gestione dei cani potenzialmente pericolosi.

Durante un controllo di routine in un parco nei pressi di via Osimo, un agente di polizia ha sparato e ucciso un pitbull di nome Narcos, evento documentato e diffuso online dalla sua proprietaria, generando una rapida escalation di polemiche e versioni contrastanti.

Secondo il resoconto della Questura, l’intervento si inserisce in un’attività volta a contrastare lo spaccio di sostanze stupefacenti.

L’arrivo improvviso degli agenti, descritto come un’azione dinamica, avrebbe immediatamente messo in allerta Narcos, il pitbull nero, che si sarebbe diretto verso due poliziotti.

In seguito a questo movimento, un altro agente, percependo una minaccia imminente, avrebbe tentato di utilizzare un ordine verbale per allontanare l’animale.

La situazione, però, si sarebbe aggravata: Narcos, sempre secondo il racconto ufficiale, avrebbe continuato ad avanzare, ringhiando e mostrando segni di aggressività, spingendo l’agente a reagire per proteggere la propria incolumità e quella di eventuali passanti.
In questo frangente, l’agente avrebbe fatto uso della pistola di ordinanza, provocando la morte del cane.
La versione della proprietaria, tuttavia, offre un quadro decisamente diverso.
Racconta di essere stata sorpresa dall’arrivo improvviso e concitato degli agenti, che si sono avvicinati correndo.
Il cane, spaventato e potenzialmente in reazione protettiva nei confronti della proprietaria, avrebbe iniziato a tirare, provocando la rottura del guinzaglio.

Narcos si sarebbe quindi diretto verso un agente, e a quel punto, secondo la donna, avrebbe ricevuto due colpi di pistola nonostante il suo tentativo di riprendere il controllo dell’animale.

La proprietaria contesta quindi la necessità e la proporzionalità dell’uso della forza letale, insinuando che l’agente avrebbe potuto agire in modo diverso per neutralizzare la potenziale minaccia.

L’episodio solleva interrogativi complessi sulla gestione delle situazioni di potenziale pericolo legate alla presenza di cani di razza potenzialmente pericolose.

La mancanza di un microchip su Narcos, come rilevato dal personale veterinario dell’Azienda Sanitaria Territoriale (AST) di Ancona, aggrava la situazione, evidenziando una presunta inottemperanza alle normative vigenti in materia di identificazione degli animali domestici.
La proprietaria è ora destinataria di un deferimento all’Autorità Amministrativa per violazioni relative alla mancata applicazione del microchip, al divieto di accesso del cane in aree pubbliche e all’omessa custodia.
Parallelamente, il compagno della proprietaria è stato sanzionato per detenzione di modiche quantità di hashish, elemento che complica ulteriormente il quadro degli eventi e rischia di oscurare il dibattito sulla condotta degli agenti.
L’evento ha innescato un acceso confronto mediatico e sociale, con richieste di accertamenti sulla legittima difesa e sulla proporzionalità dell’azione compiuta dall’agente, interrogando i limiti e le responsabilità dell’uso della forza in contesti delicati come quello della convivenza tra persone e animali.
Il caso Narcos si configura così come un campanello d’allarme sulla necessità di protocolli più chiari e formazione specifica per gli operatori di polizia, volto a gestire con maggiore efficacia e sensibilità situazioni che coinvolgono cani potenzialmente pericolosi, privilegiando ove possibile soluzioni alternative all’uso dell’arma da fuoco.

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