Le Marche si presentano con un quadro complesso e dinamico nella gestione dei beni confiscati alle organizzazioni criminali, un patrimonio che, se opportunamente valorizzato, potrebbe rappresentare una risorsa strategica per lo sviluppo sociale ed economico del territorio.
Al 10 novembre 2025, l’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati (ANGSA) ne amministra 134, suddivisi tra le diverse province regionali.
Questi beni, costituiti da particelle catastali che possono includere abitazioni, terreni, attività commerciali e persino immobili di pregio, testimoniano la vastità delle attività illecite che le mafie hanno intessuto nella regione.
Il numero di beni destinati, invece, ai sensi del Codice antimafia – il cosiddetto “Codice della legalità” – si attesta a 28, un dato che, pur indicando un percorso di riappropriazione collettiva, evidenzia la necessità di accelerare i processi di assegnazione e riutilizzo sociale.
Questa disparità riflette le sfide burocratiche e legali intrinseche alla gestione di un patrimonio così eterogeneo e gravato da complesse vicende giudiziarie.
L’iniziativa “Con solo il 2% diamo linfa al bene”, promossa da Libera nell’ambito del trentennale della legge 109/96, sottolinea l’importanza di un impegno continuo da parte della cittadinanza.
La legge 109/96, che aveva visto un precedente successo grazie a una mobilitazione popolare che aveva raccolto un milione di firme, rappresenta un monito e un esempio di come la pressione dal basso possa spingere verso una gestione più efficace e trasparente dei beni confiscati.
Analizzando la distribuzione geografica, emerge un forte squilibrio tra le province.
La provincia di Pesaro-Urbino si distingue per il maggior numero di beni in gestione dall’ANGSA (63 particelle catastali), seguito da Macerata (37), Ancona (31), Fermo (2) e Ascoli Piceno (1).
Questa concentrazione potrebbe riflettere l’intensità delle attività criminali che hanno interessato quelle aree o, al contrario, la maggiore difficoltà di monitoraggio e recupero in alcune zone.
Per quanto riguarda i beni confiscati e destinati, la provincia di Pesaro-Urbino guida anche in questo caso con 14 particelle catastali, seguita da Ascoli Piceno (11) e Ancona (3).
La differenza significativa tra il numero di beni in gestione e quelli effettivamente destinati in queste province suggerisce che vi è ancora un potenziale enorme da sfruttare per promuovere progetti di utilità sociale, come ad esempio la creazione di cooperative sociali, centri di accoglienza per persone in difficoltà, strutture sportive o culturali.
La valorizzazione di questi beni non è solo una questione di giustizia riparativa, ma anche un’opportunità per contrastare l’emarginazione sociale, favorire l’occupazione e promuovere lo sviluppo sostenibile delle comunità locali.
L’impegno congiunto di istituzioni, associazioni del terzo settore e cittadini è fondamentale per trasformare un patrimonio frutto di attività illecite in uno strumento di crescita e di rigenerazione del tessuto sociale marchigiano.
La campagna di Libera rappresenta un appello a non lasciare inalterato questo potenziale, ma a contribuire attivamente alla sua trasformazione in opportunità concrete per il bene comune.







