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Femminicidio a Pianello: La Procura Denuncia un Sistema Inefficace

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La tragedia di Pianello Vallesina, un femminicidio che ha spezzato una vita e riacceso il dibattito sull’efficacia dei percorsi di recupero per maltrattanti, ha provocato una lucida denuncia da parte della procuratrice capo di Ancona, Monica Garulli.

Le sue parole, cariche di amarezza, evidenziano una lacuna strutturale nel sistema giudiziario che, pur prevedendo misure di riabilitazione, sembra incapace di adattarle alla complessità e alla gravità dei singoli casi.
Nazif Muslija, il principale sospettato della morte di Sadjide Muslija, era già noto alle autorità per pregresse aggressioni e maltrattamenti.

La sentenza di patteggiamento, che lo condannava a un anno e dieci mesi di reclusione, prevedeva l’obbligo di frequentare un percorso di un anno per uomini maltrattanti, un tentativo di affrontare le radici comportamentali della violenza.

Tuttavia, l’impossibilità di accedere al percorso, come lamentato dal suo avvocato Antonio Gagliardi, ha sollevato interrogativi cruciali sull’organizzazione e sulla capacità di risposta delle strutture deputate.

La procura, nel frattempo, sta procedendo con un fermo internazionale per omicidio volontario, ma la vicenda trascende la singola indagine penale, ponendo l’accento su un problema sistemico.

Garulli ha espresso un concetto fondamentale: la necessità di una differenziazione dei percorsi di recupero in base al livello di pericolosità dei soggetti.

Non tutti i maltrattanti sono uguali, e la loro gestione deve tenere conto del rischio di recidiva, implementando strategie personalizzate e prioritarie per coloro che presentano un profilo di elevato rischio.

La frustrazione della procuratrice deriva dalla rigidità della legge, che vincola il giudice a subordinare la sospensione condizionale della pena alla partecipazione al percorso di recupero, lasciando la sua effettiva implementazione a organi esecutivi al di fuori della sfera giudiziaria.

Questa separazione di poteri, sebbene funzionale al principio di specializzazione, crea un vuoto di controllo e impedisce interventi mirati in situazioni di particolare gravità.
L’auspicio di Garulli è che si riesca a superare questa impasse, favorendo una maggiore flessibilità e un approccio più individualizzato nel trattamento dei maltrattanti.
Non si tratta di derogare alla legge, ma di interpretarla in modo da garantire una maggiore tutela delle vittime e una più efficace prevenzione della violenza.

Si tratta di passare da una logica formale, improntata al rispetto delle procedure, a una logica sostanziale, orientata alla protezione della vita e alla riabilitazione, quando possibile, di coloro che hanno commesso atti di violenza.
La tragedia di Pianello Vallesina, dunque, si configura come un campanello d’allarme che impone una riflessione approfondita e un intervento urgente per riformare il sistema e renderlo più efficace nella lotta contro la violenza di genere.

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