mercoledì 30 Luglio 2025
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Grotta dei Baffoni: Un Archivio Segreto tra Vulcani e Antichi Abitanti

La Grotta dei Baffoni, incastonata nel cuore del complesso carsico di Frasassi di Genga (Ancona), si rivela ora, dopo millenni di silenzio, un archivio straordinario per comprendere la storia paleoambientale e antropologica del territorio marchigiano.

Un team di ricercatori della Sezione di Geologia dell’Università di Camerino, guidato da Piero Farabollini, Marco Peter Ferretti, Gaia Pignocchi e Fabrizio Bendia, ha portato alla luce, attraverso un’indagine geologica accurata, un comparto precedentemente inaccessibile, celato sotto spesse stratificazioni di concrezioni calcaree.

La scoperta più immediata e significativa è l’evidenza di un deposito vulcanico di origine campana, databile a circa 14.000 anni fa.
Queste ceneri, risultato di una delle più violente eruzioni dei Campi Flegrei, testimoniano la capacità dei venti catabatici di trasportare materiale piroclastico su lunghe distanze, raggiungendo e preservando, in questo ambiente riparato, un “segno” di un evento vulcanico che ha avuto ripercussioni a livello regionale e potenzialmente globale.

L’unicità del ritrovamento risiede nella quasi-esclusività di questo deposito nelle Marche, suggerendo che la grotta abbia agito come una sorta di “trappola” geologica, proteggendo le ceneri dall’erosione e dalla dispersione.
Oltre all’impatto geologico, la Grotta dei Baffoni custodisce preziose testimonianze dell’attività umana preistorica.
Un amo da pesca realizzato in osso, caratterizzato da finimenti per il cordino, offre un’istantanea vivida della vita quotidiana delle comunità che frequentavano l’area.

La presenza di resti scheletrici di orso, che indicano l’utilizzo della grotta come rifugio per questi grandi plantigradi, proietta l’indagine in un contesto paleoecologico ancora più remoto.
L’inventario dei reperti, attualmente stimato in oltre trecento elementi, include frammenti ceramici, strumenti litici in selce e un numero elevato di ossa umane e animali.
Le analisi preliminari suggeriscono una cronologia che potrebbe estendersi fino al Paleolitico, offrendo spunti per una revisione della storia dell’insediamento umano nel territorio.

L’esperienza sul campo si è rivelata formativa per gli studenti dei corsi di laurea in Geologia, Ambiente e Gestione Sostenibile delle Risorse Naturali e Tecnologie e Diagnostica per i Beni Culturali, che hanno potuto applicare le conoscenze teoriche in un contesto reale, contribuendo attivamente alla scoperta e alla catalogazione dei reperti.
La ricerca, frutto di una collaborazione consolidata tra l’Università di Camerino e le Grotte di Frasassi, con il supporto di istituzioni come la Soprintendenza Archeologia, Belle arti e Paesaggio, Archeolab e l’Associazione Culturale Le Montagne di San Francesco, rappresenta un esempio virtuoso di sinergia tra ricerca scientifica e valorizzazione del patrimonio culturale.
La scoperta, come sottolinea l’Amministratore delle Grotte di Frasassi, Lorenzo Burzacca, arricchisce un patrimonio storico e naturalistico già di inestimabile valore, aprendo nuove prospettive per la comprensione del passato e per lo sviluppo di un turismo sostenibile e consapevole.
L’indagine, in corso, promette ulteriori rivelazioni, gettando nuova luce sulla complessa storia geologica e antropologica di questo angolo di mondo.

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