L’appello a Macerata contro l’assoluzione del 31enne accusato di violenza sessuale nei confronti di una minorenne, avvenuta in primo grado, si riapre con una richiesta di revisione che mira a ristabilire la giustizia e a far applicare la pena originariamente richiesta.
La sostituta procuratore Cristina Polenzani, nella sua arringa, contesta la decisione che ha scagionato l’imputato, sollevando dubbi significativi sull’interpretazione dei fatti e sulla valutazione delle prove presentate.
Il fulcro della disputa risiede nella complessa dinamica relazionale tra i due soggetti coinvolti.
I giudici di primo grado avevano motivato la loro decisione sottolineando la presunta capacità della giovane vittima di comprendere la situazione e di prevedere le possibili evoluzioni della relazione.
Tale valutazione, criticata dalla pubblica accusa, solleva interrogativi cruciali riguardanti il concetto di consenso, la sua validità in contesti di disparità di potere e la vulnerabilità di una persona minorenne in un rapporto con un adulto.
La richiesta di riforma della sentenza non si limita alla mera applicazione della pena originaria di 4 anni e 1 mese.
La sostituta procuratore, consapevole della delicatezza del caso e dell’importanza di salvaguardare la dignità della vittima, si riserva la possibilità di richiedere una qualificazione giuridica meno gravosa, che permetta, seppur in via subordinata, l’applicazione della sospensione condizionale.
Tale opzione, pur attenuando la sanzione, garantirebbe comunque una risposta giudiziaria adeguata e un segnale chiaro alla collettività sulla gravità dei reati sessuali.
Il dibattito giudiziario si concentra, dunque, sull’interpretazione del consenso in un contesto relazionale che presenta elementi di asimmetria e sulla capacità della giovane vittima di esprimere una volontà libera e consapevole.
La pubblica accusa intende dimostrare come la presunta comprensione della situazione da parte della minorenne non possa escludere la presenza di elementi di coercizione psicologica o di pressione che abbiano compromesso la sua autonomia decisionale.
La vicenda solleva questioni di rilevanza sociale e giuridica, focalizzandosi sull’importanza di una corretta applicazione della legge a tutela delle fasce più vulnerabili della popolazione e sulla necessità di garantire un sistema giudiziario equo e capace di rispondere adeguatamente alla complessità dei rapporti umani.
La decisione dell’appello si preannuncia cruciale per definire i confini del consenso e per ribadire l’impegno della magistratura nella lotta contro la violenza sessuale, in particolare quella che coinvolge minori.
L’obiettivo primario è la ricerca della verità processuale e la garanzia di una giustizia che non lasci impunite condotte lesive della dignità umana.







