La resilienza del territorio marchigiano, cruciale per la sicurezza e il futuro della regione, richiede un profondo ripensamento degli approcci tradizionali alla gestione del rischio idrogeologico.
L’allarme lanciato dall’Unione Nazionale dei Comuni, Comunità e Enti Montani (Uncem), supportato da recenti dati dell’Ispra (2024), dipinge un quadro preoccupante: la quasi totalità dei comuni marchigiani risulta interessata da aree a rischio frana e alluvione, evidenziando una vulnerabilità diffusa e persistente.
Il quadro demografico è allarmante: l’Inventario delle Frane Italiane (IFFI) denuncia la presenza di oltre 39.000 movimenti franosi, una cifra che supera di gran lunga la percezione comune e sottolinea la complessità del rischio.
A questi numeri si aggiunge una superficie significativa – circa 1.693 chilometri quadrati, corrispondenti a più del 18% del territorio regionale – classificata come pericolosità elevata (P3) o molto elevata (P4) per frane.
Questa estesa area di rischio non è un mero dato statistico: ospita più di 31.000 persone, comunità intere che vivono quotidianamente sotto la minaccia di eventi naturali potenzialmente devastanti.
La sfida non è semplicemente mitigare gli effetti di singoli eventi, ma affrontare le cause profonde della vulnerabilità.
Questo richiede un cambio di paradigma che superi l’approccio reattivo, focalizzato sulla gestione delle emergenze, a favore di una strategia proattiva e preventiva.
Questo implica un’analisi multidisciplinare che integri dati geologici, idrologici, geomorfologici, ma anche sociali ed economici.
L’intervento non può limitarsi a opere di “messa in sicurezza” di singole aree, spesso insufficienti e temporanee.
È necessario promuovere una pianificazione territoriale integrata, che tenga conto delle dinamiche del paesaggio e limiti l’urbanizzazione in zone a rischio.
Questo include la revisione dei piani regolatori comunali, l’incentivazione di pratiche agricole sostenibili che preservino la stabilità del suolo, e la promozione di un’edilizia compatibile con le caratteristiche del territorio.
Inoltre, cruciale è il ruolo della conoscenza e della consapevolezza.
La popolazione deve essere informata sui rischi che la riguardano e coinvolta attivamente nella definizione delle strategie di prevenzione.
È fondamentale sviluppare sistemi di monitoraggio avanzati, che consentano di rilevare tempestivamente segnali di pericolo, e rafforzare i sistemi di allerta precoce.
Infine, la resilienza territoriale non può essere costruita solo a livello locale.
È necessaria una collaborazione sinergica tra tutti i livelli di governo – regionale, provinciale, comunale – e il coinvolgimento di attori esterni come università, centri di ricerca e associazioni di categoria.
La sfida è complessa, ma affrontarla con coraggio e visione è essenziale per garantire un futuro sicuro e sostenibile per le Marche.