Durante la cerimonia inaugurale della dodicesima legislatura del Consiglio Regionale delle Marche, ad Ancona, un gesto di forte contestazione ha interrotto la formalità istituzionale.
Mentre il consigliere regionale Andrea Cardilli, figura di spicco con il passato da sindaco di Colli del Tronto e incaricato della presidenza provvisoria dell’Assemblea Legislativa, presentava i risultati della precedente amministrazione guidata da Francesco Acquaroli, una attivista palestinese ha interrotto il suo discorso, leggendo un comunicato che invocava una netta disconnessione tra la Regione Marche e lo Stato di Israele.
L’azione, compiuta dagli spazi riservati al pubblico, non si è limitata a una mera interruzione.
L’attivista, affiancata da un compagno che esibiva una bandiera palestinese, ha trasformato la sede del Consiglio Regionale in un palcoscenico di denuncia.
Un altro striscione, esposto in posizione strategica, amplificava il messaggio di protesta, visibile a tutti i presenti.
La reazione delle autorità è stata immediata: gli attivisti sono stati accompagnati fuori dall’aula da personale di sicurezza, permettendo la prosecuzione del discorso e l’inizio delle votazioni per l’elezione del Presidente dell’Assemblea Legislativa Regionale.
Tuttavia, l’evento ha segnato un momento di profonda tensione, esplicitando un dissenso radicato e un forte senso di ingiustizia.
La protesta non si è limitata agli interni del Palazzo Leopardi.
Un sit-in organizzato dal coordinamento “Marche per la Palestina” si è svolto di fronte alla sede del Consiglio Regionale, raccogliendo un significativo numero di adesioni.
Gli attivisti, tramite un comunicato amplificato, hanno sottolineato l’urgenza di una rottura completa con Israele, non solo a livello economico, ma anche nei settori culturale e accademico, definendo lo Stato israeliano come “genocida”.
Questo gesto di dissenso si inserisce in un contesto più ampio di crescente preoccupazione internazionale riguardo alle politiche israeliane nei confronti del popolo palestinese.
La richiesta di sospensione di ogni forma di collaborazione regionale non è solo una questione politica locale, ma riflette un appello globale per la giustizia, i diritti umani e la fine dell’occupazione.
L’azione degli attivisti marchigiani ha portato alla luce una profonda spaccatura nell’opinione pubblica e ha riacceso il dibattito su responsabilità, etica e impegno politico in un mondo segnato da conflitti e disuguaglianze.






