La tragedia di Pianello Vallesina, nel cuore dell’entroterra maceratese, continua a generare interrogativi e ad alimentare una dolorosa riflessione sulla violenza di genere e sulle sue radici profonde.
La scomparsa di Sadjide Muslija, 49 anni, sarta di origini macedoni, ha scosso la comunità e sollevato un velo di ombre sulla dinamica del femminicidio.
Il marito, Nazif Muslija, 50 anni, attualmente detenuto, è l’indagato principale, accusato di omicidio volontario aggravato.
L’inchiesta, ora guidata dalla Procura di Ancona, si avvia a una fase cruciale, segnata da nuovi, meticolosi accertamenti tecnici volti a ricostruire con precisione gli eventi che hanno condotto alla morte della donna.
L’attenzione si concentra su diversi elementi, ognuno dei quali potrebbe fornire indizi fondamentali per comprendere il movente e le modalità dell’azione violenta.
Il cuore dell’indagine tecnica è rappresentato dall’analisi forense dei dispositivi mobili di entrambi i coniugi.
La sezione Cyber Investigation dei Carabinieri di Ancona, con una tempistica di 60 giorni, dovrà setacciare messaggi, cronologie di chat, fotografie e profili social, alla ricerca di tracce di una escalation di tensioni, minacce o segnali premonitori.
Si cercherà di ricostruire il flusso comunicativo dei giorni precedenti la tragedia, in un tentativo di comprendere le dinamiche relazionali e il clima emotivo che gravava sulla coppia.
Parallelamente, si procede all’esame balistico del tubo di ferro rinvenuto nei pressi del luogo del delitto, presunto strumento dell’omicidio, e all’analisi peritale della Smart utilizzata dall’indagato.
L’obiettivo è individuare eventuali tracce biologiche che possano collegare l’uomo alla scena del crimine o fornire elementi utili a confermare la sua versione dei fatti.
I vestiti indossati da Nazif Muslija al momento del ritrovamento saranno sottoposti a esami per accertare la presenza di tracce di sangue o altre sostanze.
La vicenda si complica ulteriormente se consideriamo il pregresso di violenza che ha caratterizzato il rapporto tra i due.
Precedentemente, Nazif Muslija era stato arrestato per maltrattamenti e, dopo un periodo di separazione, la coppia aveva ripreso a convivere a partire da luglio, in seguito a una patteggiamento.
Questa decisione, che aveva condizionato la pena con l’obbligo di seguire un percorso di recupero per uomini maltrattanti, assume ora un significato ancora più doloroso, alla luce della tragica conclusione.
Le confidenze della vittima alle colleghe di lavoro, che parlavano di un perdono non concesso e di una convivenza forzata per motivi economici, in particolare legati al mutuo della casa, offrono uno spaccato di una situazione fragile e complessa.
L’impossibilità di avviare immediatamente il percorso di recupero, previsto per la primavera, sottolinea un fallimento del sistema di supporto e di tutela della donna, un aspetto che non potrà non essere oggetto di un’analisi critica e di possibili revisioni.
La vicenda di Pianello Vallesina non è solo un caso di femminicidio, ma un campanello d’allarme che sollecita una riflessione più ampia sulla violenza di genere, sulla necessità di rafforzare i percorsi di prevenzione e di protezione delle vittime, e sulla responsabilità collettiva di costruire una società più giusta e sicura per tutte le donne.







