Un caso emblematico, recentemente portato alla luce a Porto San Giorgio, mette in luce la drammatica escalation di un fenomeno criminale in rapida crescita: la sextortion. La giovane donna, di origini piemontesi, accusata di aver estorto denaro a un giovane del luogo, rappresenta una punta dell’iceberg di un problema complesso che colpisce individui di tutte le età, ma in particolare adolescenti, sfruttando la vulnerabilità e la ricerca di accettazione tipiche di questa fascia d’età.La dinamica è insidiosa e si sviluppa attraverso canali digitali, inizialmente con la creazione di una relazione di apparente fiducia. Profili social, spesso presentati come quelli di giovani attraenti e premurosi, instaurano una conversazione basata su complimenti e interazioni apparentemente innocue, guadagnandosi la fiducia della vittima. Questa fase preliminare è cruciale: mira a costruire un rapporto emotivo, un senso di vicinanza che renda più facile ottenere il materiale compromettente.Successivamente, la richiesta di immagini e video si fa sempre più esplicita, giustificata con argomentazioni che mirano a sminuire i limiti o le inibizioni della vittima. Una volta ottenuti, il gioco si inverte: le immagini e i video diventano strumenti di coercizione. L’estorsore minaccia di diffondere il materiale online, con la possibilità di coinvolgere non solo la vittima, ma anche i suoi cari, creando un clima di terrore e vergogna. La richiesta di denaro, apparentemente modesta, è solo il primo passo in un ciclo di abusi che può ripetersi all’infinito, poiché il criminale percepisce la vulnerabilità della vittima come un terreno fertile per ulteriori estorsioni.L’elemento psicologico è fondamentale in questo tipo di crimine. La paura del giudizio, la vergogna e la pressione sociale spingono le vittime a rimanere in silenzio, intrappolate in una spirale di paura e umiliazione. La difficoltà di confidarsi con i genitori, gli amici o le figure di riferimento alimenta un senso di isolamento che rende ancora più difficile trovare la forza per reagire.È quindi imperativo che le forze dell’ordine, le scuole e le famiglie intensifichino la sensibilizzazione su questo fenomeno. I carabinieri, nel loro appello, forniscono indicazioni preziose: non cedere al ricatto, non cancellare le prove (i messaggi, gli screenshot delle conversazioni), non chiudere i profili social utilizzati per i contatti. Queste azioni sono fondamentali per preservare elementi utili alle indagini e per evitare di alimentare l’arroganza del criminale.Inoltre, è cruciale promuovere un’educazione digitale responsabile, insegnando ai giovani a riconoscere i segnali di pericolo, a proteggere la propria privacy online e a cercare aiuto in caso di necessità. La prevenzione, la consapevolezza e il supporto psicologico rappresentano le armi più efficaci per contrastare la sextortion e proteggere le vittime di questo crimine subdolo e devastante.
Sextortion: la trappola digitale che devasta vite giovani.
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