Un’immersione profonda nell’universo di Abel Ferrara, figura poliedrica del cinema americano, ha animato l’undicesima giornata della XX edizione del Festival di Poesia “La Punta della Lingua” a Jesi. L’incontro, più che una semplice intervista, si è configurato come un dialogo aperto e spietatamente onesto, un’esplorazione delle sue opere, delle sue radici culturali e della sua visione del mondo, sullo sfondo suggestivo della “Deposizione” di Lorenzo Lotto, custodita nella Pinacoteca Civica.Ferrara, regista, sceneggiatore e attore di una filmografia controversa e visceralmente autentica, ha offerto uno sguardo inedito sul suo recente documentario “Turn In The Wound”, realizzato in Ucraina. “È un inferno,” ha esclamato, descrivendo un contesto di sofferenza e distruzione che contrasta profondamente con la bellezza formale e la profondità emotiva della poesia che lo accompagna, in questo caso, alcuni epigrammi scelti da Daniele Tinti tratte da “Sanguinamenti,” pubblicato da La Nave di Teseo. Questa sinergia con il poeta jesino, definita da Ferrara “brillante,” rivela un’affinità intellettuale che va oltre la semplice collaborazione artistica, suggerendo una ricerca comune di verità e significato in un mondo spesso dominato dall’apparenza e dalla superficialità.L’incontro si è aperto a riflessioni ampie e provocatorie. Ferrara ha espresso una profonda preoccupazione per la crisi umanitaria in corso a Gaza, denunciando implicitamente l’accettazione globale di una violenza inaccettabile. L’artista ha poi contrapposto la percezione dell’artista in Europa, dove il suo lavoro è riconosciuto e valorizzato, all’ambiente americano, dove il processo creativo è spesso ridotto a una questione di business e profitto. “Lì, pensano che tutti possano fare i film,” ha commentato, sottolineando la differenza di mentalità e di rispetto per l’arte.Le sue origini italo-americane, nate nel Bronx, un crogiolo di culture e di esperienze, sono state un altro tema centrale. “Era pieno di napoletani e pugliesi,” ha ricordato, evidenziando un senso di appartenenza a una comunità migrante e la nostalgia per le radici lasciate in Italia. Il suo trasferimento in Italia, descritto come una “rinascita,” è stato un percorso di redenzione e di riscoperta personale, un viaggio che lo ha riportato quasi sulle orme del suo nonno, emigrato dall’Italia verso l’America. Questa connessione con il passato e con le origini ha conferito all’incontro un significato ancora più profondo.Spazio poi a un commento, diretto e senza filtri, sulle elezioni di Trump, un tema che ha scatenato un dibattito appassionato. Il regista ha infine concluso con la proiezione de “Il Cattivo Tenente,” un’opera che incarna l’essenza del suo cinema: provocatorio, intenso, e profondamente umano. Il Festival “La Punta della Lingua” si conferma, grazie a iniziative come questa, come un luogo di incontro tra poesia, cinema e pensiero critico, un punto di riferimento nel panorama culturale italiano, vincitore del bando Fus 2025 per il Teatro di Poesia.
Abel Ferrara a Jesi: cinema, poesia e riflessioni sul mondo
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