La risonanza di un’epoca classica, filtrata attraverso la rigorosa geometria del Razionalismo anni Trenta, ha illuminato il Teatro Pergolesi di Jesi, restituendo all’attenzione del pubblico “L’Olimpiade” di Giovanni Battista Pergolesi (1735).
Un’opera di rara esecuzione, dedicata a celebrare un illustre concittadino e a onorare il lavoro di Francesco Degrada, curatore dell’edizione critica e figura chiave nella riscoperta e comprensione del compositore.
La serata, accolta con entusiasmo, ha offerto un affresco vivido di amori contrastanti, tradimenti impietosi e legami di amicizia messi a dura prova.
L’interpretazione corale del cast, diretto con maestria dal maestro Giulio Prandi e sostenuto dall’Orchestra Ghislieri, ha generato un’esperienza emotiva intensa.
Theodora Raftis, con una performance di notevole forza espressiva, ha incarnato Megacle, mentre José Maria Lo Monaco ha donato a Licida una complessità emotiva palpabile.
Silvia Frigato, Carlotta Colombo, Anicio Zorzo Giustiniani, Matteo Straffi e Francesca Ascioti hanno completato un ensemble di interpreti capaci di cogliere le sottigliezze psicologiche dei loro personaggi, restituendo la misurata compostezza e la malinconica poesia intrinseca alla partitura barocca.
L’assenza di virtuosismi vocali esuberanti ha permesso all’eloquenza del dramma e alla profondità dei sentimenti di emergere con maggiore chiarezza.
La visione registica di Fabio Ceresa, tradotta in scenografie e costumi di Bruno Antonetti e Giulia Negrin, ha collocato l’azione nell’atmosfera sospesa e carica di simbolismi delle Olimpiadi di Berlino del 1936.
Elementi architettonici essenziali, pareti mobili in cemento che si aprono e chiudono per definire i diversi momenti dell’azione, hanno creato uno spazio scenico suggestivo, quasi metafisico, in cui il passato classico si fonde con l’estetica del Novecento.
La scalinata finale, astratta e svettante, ha rappresentato non solo la conclusione della vicenda, ma anche un invito a riflettere sui temi universali della ricerca identitaria, dell’onore e del perdono.
Al centro della narrazione, la figura tormentata del re Clistene, dilaniato dal dolore per la perdita del figlio, promette la mano della figlia Aristea al vincitore delle Olimpiadi.
Megacle, il favorito, è legato a Licida da un’amicizia fraterna, e accetta di gareggiare al suo posto per conquistare la sua amata, ignaro che lei nutra un amore segreto per il giovane campione.
Un’ombra di vendetta si addensa con la presenza di Argene, innamorata di Licida e abbandonata, pronta a tutto pur di ottenere giustizia.
La trama si complica con un inganno cruento: Licida tenta persino di sopprimere il re, rivelando così il suo volto più oscuro.
La verità, tuttavia, emerge, svelando un colpo di scena sorprendente: Licida è in realtà il figlio del re, creduto morto in precedenza.
Il perdono, generosamente offerto dalla comunità dei protagonisti, suggella la riconciliazione e la felice risoluzione delle coppie d’amanti, restituendo un senso di speranza e rinnovamento.
La rappresentazione si ripeterà il 23 novembre alle ore 16, offrendo al pubblico l’opportunità di immergersi nuovamente in questo affascinante viaggio tra passato, presente e futuro.








