mercoledì 13 Agosto 2025
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Rossini audace: Drag queen e identità fluide al Festival di Pesaro

L’apertura del Rossini Opera Festival a Pesaro si è rivelata un evento capace di sovvertire le convenzioni e di interrogare il significato stesso dell’opera, allontanandosi dalle tradizionali riproposizioni per abbracciare un approccio audace e profondamente contemporaneo.

Un pulmino carico di drag queen, preannunciato da un’esuberante medley degli Abba, è stato il detonatore di questa messa in scena inedita de *L’italiana in Algeri*, terza proposta del cartellone.

L’improvviso arresto del veicolo, seguito dall’intervento delle forze dell’ordine e dall’ilarità del pubblico, non fu un incidente, ma un gesto provocatorio, un preludio alla decostruzione operistica che la regista Rosetta Cucchi aveva in mente.

La sua interpretazione, intrisa di riferimenti alla comunità LGBTQ+, ha elevato l’opera di Rossini a riflessione sulla fluidità dell’identità e sulla sovversione dei ruoli.

La cifra stilistica del travestimento, elemento fondante dell’opera stessa, è stata qui amplificata, trasformandosi in un vero e proprio manifesto di libertà espressiva.

L’esibizione ha generato un’ondata di entusiasmo, testimoniata dagli scroscianti applausi che hanno accompagnato ogni intervento.
Daniela Barcellona, nel ruolo di Isabella, si è distinta per una performance di rara intensità, affiancata da Giorgi Manoshvili (Mustafa) e Misha Kiria (Taddeo), entrambi capaci di coniugare abilità canore impeccabili e una recitazione di grande impatto.
Josh Lovell (Lindoro), Vittoriana De Amicis (Elvira), Gurgen Baveyan (Haly) e Andrea Nino (Zulma) hanno completato il cast con interpretazioni altrettanto brillanti.
La scenografia di Tiziano Santi ha ricreato un sontuoso palazzo orientale, un ambiente kitsch e fastoso che fungeva da sfondo ideale per le vicende che si svolgevano.

L’attenzione ai dettagli, l’opulenza e la decadenza dell’ambiente risaltavano la figura di Mustafa, il Bey, un uomo ricco e potente, ma profondamente insoddisfatto, alla ricerca di stimoli amorosi che le sue relazioni convenzionali non erano in grado di offrire.
La sua insoddisfazione era palpabile, esacerbata dalla noia della moglie, Elvira, e dall’indifferenza delle sue concubine.
L’irruzione delle drag queen, guidate da Isabella, ha rappresentato uno shock per tutti, compreso il pubblico.

Un tripudio di colori, stivaloni, lustrini e piume, creati dalla costumista Claudia Pernigotti, ha innescato una trasformazione radicale del palazzo, che si è presto riempito di abiti stravaganti e accessori improbabili.

La palestra, con le sue occupanti in tutine sgargianti, simboleggiava un nuovo inizio, una liberazione dai vincoli del passato.
La seduzione di Mustafa da parte di Isabella, culminata nella fuga del gruppo, ha segnato una vittoria della libertà e dell’amore.
La figura di Elvira, trasformata in una dominatrice con un bustino di pelle nera ornato di catene, incarna il ribaltamento dei ruoli e la rottura degli schemi sociali.
L’aria di Isabella *Pensa alla patria*, arricchita da un video con immagini delle proteste delle comunità LGBTQ+, si è elevata a un inno alla disobbedienza, un invito all’azione, un messaggio di speranza e di cambiamento che, secondo la regista, è particolarmente urgente nel contesto storico attuale.
La performance, che si replica il 14, 18 e 21 agosto, non è stata solo un intrattenimento, ma un vero e proprio atto politico, un monito a lottare per un mondo più giusto e inclusivo.
L’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna, sotto la direzione di Dmitry Korchak, e il Coro del Teatro Ventidio Basso, preparato da Pasquale Veleno, hanno contribuito a creare un’atmosfera coinvolgente e memorabile.

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