Un’ondata di riorganizzazione industriale investe il territorio fabrianese e i suoi dintorni, con impatti significativi sull’occupazione e sul tessuto economico locale.
L’azienda Beko Europe, leader nel settore degli elettrodomestici, ha implementato un piano di incentivazione all’esodo volontario che ha visto l’adesione di settanta dipendenti, un numero che riflette una strategia aziendale volta a ridurre il personale, con 31 figure impiegatizie (29 amministrativi e 2 operai) e 39 addetti alla produzione nello stabilimento di Melano che hanno optato per la liquidazione, con incentivi che possono raggiungere i 90.000 euro.
A questi si aggiungono i 45 dipendenti del settore Ricerca e Sviluppo attualmente in cassa integrazione a zero ore, un indicatore di un ridimensionamento delle attività di innovazione.
I dati relativi alle uscite previste dall’accordo istituzionale tra azienda, sindacati e enti locali stabiliscono una soglia massima di 64 operai nello stabilimento di Melano e fino a 207 figure amministrative nella sede centrale.
Questa configurazione di ristrutturazione, stando alle osservazioni di Pierpaolo Pullini, segretario della Fiom di Ancona e responsabile del distretto economico fabrianese, si traduce in un progressivo depopolamento delle aree impiegatizie e in una correlata diminuzione dei volumi produttivi, con un effetto domino sulla catena del valore.
La recente flessione della cassa integrazione a Melano, pur apparente, è attribuibile sia alle uscite volontarie che all’adozione di una nuova organizzazione della produzione, con l’introduzione di turni centrali su specifiche linee produttive, abbandonando il sistema di turni alternati precedentemente in uso.
In considerazione di questi sviluppi, i sindacati rivolgono un’urgente richiesta all’azienda affinché convochi un incontro territoriale volto a fare il punto sugli investimenti, stimati in circa 65 milioni di euro, e un tavolo ministeriale presso il Ministero delle Imprese e del Made in Italy entro metà ottobre, come previsto dall’accordo siglato sei mesi prima.
La preoccupazione sindacale non si limita alla Beko, ma si estende anche alla Electrolux di Cerreto D’Esi, dove la riduzione dei volumi di produzione ha portato alla conferma di un contratto di solidarietà esteso per dodici mesi.
Nonostante le uscite previste dalla procedura di mobilità, l’utilizzo dell’ammortizzatore sociale non diminuisce, con un numero di operai pari a 5 su 18 coinvolti, mentre la procedura per gli impiegati si è conclusa.
Anche in questo caso, si sollecita la convocazione del tavolo ministeriale, e si esorta la multinazionale svedese a considerare azioni di *reshoring* dalla Polonia, trasferendo una quota minima della produzione di cappe, attualmente realizzata in Europa orientale, a Cerreto D’Esi, con l’ausilio di incentivi pubblici.
Questa richiesta mira a rafforzare l’industria locale e a ridurre la dipendenza dalla produzione estera, promuovendo una filiera più resiliente e sostenibile nel lungo termine.
L’obiettivo è quello di riqualificare il know-how e le competenze del territorio fabrianese, creando nuove opportunità di lavoro e valorizzando il patrimonio industriale locale.







