martedì 16 Settembre 2025
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Fardello Fiscale ad Ascoli Piceno: Imprese Sopraffatte, Sostenibilità a Rischio

Il Fardello Fiscale che Sulta le Imprese di Ascoli Piceno: Un’analisi Dettagliata tra Variazioni Regionali e Sfide per la SostenibilitàUn’indagine approfondita condotta da CNA, nell’ambito del suo Osservatorio sulla tassazione delle piccole imprese, ha messo in luce le pesanti ripercussioni che il carico fiscale ha sulle attività economiche di Ascoli Piceno, richiedendo uno sforzo finanziario tale da protrarsi, in termini pratici, fino al 5 luglio solo per adempiere agli obblighi tributari e previdenziali.

Lo studio, giunto alla settima edizione e accompagnato dal provocatorio slogan “Comune che vai, Fisco che trovi”, evidenzia come la pressione fiscale, lungi dall’essere un fenomeno omogeneo, vari considerevolmente da capoluogo a capoluogo, creando un panorama disomogeneo e penalizzante per le imprese.

Ascoli Piceno si posiziona al 35° posto su 114 capoluoghi italiani per minore incidenza di tasse e contributi, un miglioramento rispetto al 42° posto del 2023, ma che non cancella la criticità complessiva.
Il rapporto sottolinea che le differenze significative tra le diverse realtà territoriali derivano prevalentemente dalle addizionali regionali e comunali sul reddito, dall’Imu (Imposta Municipale Unica), dalla Tari (Tassa sui Rifiuti) e da altre imposte locali legate alla gestione dei servizi pubblici.
Un peso particolarmente rilevante, come evidenziato dallo studio, si manifesta in quelle aree dove l’efficienza amministrativa e la qualità dei servizi offerti a imprese e cittadini risultano carenti, creando un circolo vizioso di scarsa competitività.

Per illustrare la situazione, l’analisi di CNA si basa su un modello di impresa rappresentativa operante ad Ascoli Piceno nel 2024: una ditta individuale che gestisce un laboratorio artigianale di 350 metri quadrati e un negozio di 175 metri quadrati, con un valore immobiliare complessivo di 500.000 euro.
L’attività genera ricavi per 431.000 euro, impiega quattro operai e un impiegato (con costi del personale pari a 165.000 euro) e genera un reddito d’impresa di 50.000 euro.
Analizzando i costi diretti, l’Imu e la Tasi gravano sull’impresa per 4.186 euro, mentre la Tari ammonta a 1.674 euro.

A questi costi si aggiungono i contributi previdenziali IVS (Invalidità, Vecchiaia e Superstiti), che raggiungono i 10.601 euro, e l’Irpef, pari a 8.378 euro, ulteriormente incrementata da addizionali regionali (468 euro) e comunali (268 euro).

Di conseguenza, il reddito disponibile per l’imprenditore, a fronte di un reddito lordo di 50.000 euro, si attesta a soli 24.415 euro.
Questo scenario rivela un quadro complesso, che evidenzia la necessità di un ripensamento profondo delle politiche fiscali a livello locale e nazionale.
Un approccio più orientato alla semplificazione, alla riduzione del carico fiscale e all’incentivo all’innovazione e alla crescita potrebbe favorire la creazione di un ambiente più favorevole per le imprese, stimolando l’occupazione e lo sviluppo economico del territorio.
La situazione di Ascoli Piceno, pur rappresentando un miglioramento rispetto ad altre realtà, resta un campanello d’allarme che sollecita un’azione tempestiva per garantire la sostenibilità delle attività economiche e la prosperità del territorio.
La competitività delle imprese non può essere sacrificata sull’altare di un sistema fiscale eccessivamente oneroso e complesso.

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