Il dibattito sulla giustizia fiscale in Italia, e in particolare sulla distribuzione del peso tributario tra diverse forme di reddito, è al centro di un acceso confronto, incarnato dalle parole del segretario generale della Cgil, Maurizio Landini, durante un incontro con i lavoratori di Tod’s.
La critica sollevata da Landini punta a una disarmonia strutturale: la percezione che il lavoratore dipendente o il pensionato, attraverso il sistema progressivo dell’imposizione, sostenga un onere fiscale superiore rispetto al datore di lavoro, beneficiario diretto del contributo lavorativo stesso.
Il sistema tributario italiano, basato sul principio della progressività, prevede che l’aliquota fiscale aumenti all’aumentare del reddito.
Questa impostazione, apparentemente equa, rivela però delle criticità quando si analizzano le diverse tipologie di reddito e le relative modalità di tassazione.
Un esempio concreto, fornito da Landini, illustra come un reddito da lavoro o pensione di 30.000 euro possa comportare un prelievo fiscale e contributivo che si avvicina o supera gli 8.000-9.000 euro annui per il lavoratore dipendente o pensionato.
Al contrario, chi opera con Partita IVA o si avvale di altre forme di lavoro autonomo, beneficia di un’imposizione più agevole, con un’aliquota fissa del 15%.
Ma la disparità si acuisce ulteriormente quando si considerano i redditi di capitale, le rendite finanziarie e i proventi derivanti dall’immobiliare, che godono di una tassazione ancora più favorevole rispetto a quella gravante sul reddito da lavoro.
Questa situazione è stata esacerbata da un processo di riduzione delle aliquote fiscali sui profitti, che nel corso degli ultimi vent’anni ha visto un calo significativo, passando dal 33% al 24%, una diminuzione di ben 9 punti percentuali.
Tale riduzione, pur mirando a stimolare gli investimenti e la crescita economica, ha contribuito ad ampliare il divario tra l’imposizione sul lavoro e quella sui profitti, alimentando un senso di iniquità e sollevando interrogativi sulla sostenibilità del sistema fiscale nel suo complesso.
La questione sollevata da Landini non è quindi solo una critica alla tassazione del reddito da lavoro, ma un appello a una revisione più ampia del sistema tributario italiano, volto a garantire una maggiore equità e a redistribuire il peso fiscale in modo più proporzionale, tenendo conto delle diverse fonti di reddito e delle reali capacità contributive di ciascun soggetto.
Il dibattito aperto da questo confronto invita a riflettere sulla necessità di un sistema fiscale più giusto, che valorizzi il lavoro e la produttività, scoraggiando l’evasione e promuovendo una più equa distribuzione della ricchezza.








