La crescente pressione antropica sugli ecosistemi regionali richiede una revisione urgente delle politiche di gestione della fauna selvatica, con particolare attenzione al delicato equilibrio tra attività venatoria e tutela della biodiversità.
Andrea Nobili, esponente dell’Alleanza Verdi Sinistra (Avs), ha sollevato un campanello d’allarme durante un incontro ad Ancona, organizzato dal laboratorio politico “Il Punto”, focalizzato sulle sfide sociali e ambientali che interessano le Marche.
All’evento hanno partecipato Danilo Baldini, delegato della Lega Anticaccia Marche, e l’avvocato Tommaso Rossi, delegato del WWF Marche, a testimonianza della crescente preoccupazione diffusa nel panorama delle associazioni ambientaliste.
La proposta di legge attualmente in esame, se approvata, rischia di ampliare significativamente le aree di caccia, con conseguenze potenzialmente devastanti per la fauna locale e per l’equilibrio ecologico.
L’introduzione di armi più potenti e la silenziamento degli organi scientifici incaricati di monitorare e regolare l’attività venatoria rappresentano una seria minaccia alla sostenibilità delle pratiche di gestione della fauna.
Questa riforma, se attuata, minerebbe le fondamenta della legge 157 del 1992, pilastro della disciplina venatoria regionale, introducendo un approccio potenzialmente insostenibile e privo di adeguate garanzie di controllo.
È cruciale sottolineare come le Regioni detengano un ruolo chiave nella definizione delle politiche venatorie, in particolare attraverso l’elaborazione annuale dei piani venatori.
Questa autonomia regionale implica una responsabilità politica significativa per i consiglieri regionali, che devono agire con sensibilità e lungimiranza, tenendo conto non solo degli interessi della comunità venatoria, ma anche della necessità di proteggere gli animali, preservare la biodiversità e tutelare l’integrità del territorio.
L’approccio adottato dalla giunta uscente Acquaroli, che ha relegato l’ambiente ai margini dell’agenda politica, è stato oggetto di aspre critiche.
La mancanza di una visione strategica e di un impegno concreto nella tutela del patrimonio naturale ha contribuito a creare una situazione di vulnerabilità, che rende urgente un cambio di rotta.
La discussione non deve limitarsi alla mera opposizione alla caccia, ma deve evolvere verso la promozione di modelli di gestione della fauna selvatica basati su principi di sostenibilità e di rispetto dell’ambiente.
Questo implica la necessità di investire in ricerca scientifica, di rafforzare i controlli, di promuovere l’educazione ambientale e di coinvolgere attivamente tutti gli stakeholders, compresi i cacciatori, nella definizione delle politiche di gestione della fauna.
È imperativo mobilitare l’opinione pubblica e sensibilizzare i decisori politici sull’importanza di proteggere la biodiversità e di garantire un futuro sostenibile per le generazioni a venire.
La tutela dell’ambiente non è un optional, ma un imperativo etico e una condizione imprescindibile per il benessere umano.