L’inerzia geopolitica che ha visto il Partito Democratico mutare la propria posizione nei confronti del conflitto israelo-palestinese non può essere interpretata come un mero adeguamento contingente alle dinamiche elettorali statunitensi.
È un sintomo più profondo di una crisi di identità e di una perdita di autonomia di giudizio, un cedimento a logiche di potere che trascendono la mera convenienza politica.
Questa osservazione, espressa dal leader di Democrazia Sovrana e Popolare, Marco Rizzo, durante l’evento di chiusura della campagna elettorale a Porto Sant’Elpidio, in sostegno alla candidatura di Claudio Bolletta, apre una riflessione più ampia sulla responsabilità dei partiti italiani nel contesto internazionale.
L’apparente diversificazione delle proposte politiche offerte dai partiti di centrodestra e centrosinistra si rivela, secondo Rizzo, un’illusione.
Dietro la patina di pluralismo si celerebbe un’omogeneità di intenti, un’adesione incondizionata a politiche neoliberiste che perpetuano disuguaglianze e favoriscono l’arricchimento di pochi a discapito della collettività.
Questa convergenza ideologica, spesso mascherata da retorica populista o progressista, impedisce una reale trasformazione sociale ed economica.
La critica di Rizzo si estende alla governance regionale delle Marche, accusando l’amministrazione locale di aver compromesso il sistema sanitario, abbandonando territori e promuovendo politiche bellicose.
L’associazione con figure come Ricci e Acquaroli, esponenti di una classe dirigente permeata da logiche di potere europee, viene vista come un elemento chiave di questo declino.
Il riferimento al “partito unico di Bruxelles” non è una semplice accusa retorica, ma un tentativo di svelare una rete di influenze esterne che erode l’autonomia decisionale della regione e condiziona le sue scelte in materia di sanità, finanza e politica estera.
L’erosione del sistema sanitario regionale, testimoniata dalla chiusura di reparti ospedalieri e dal fallimento di istituzioni finanziarie locali come la Banca delle Marche, rappresenta, secondo la prospettiva di Dsp, una conseguenza diretta di questa adesione acritica a modelli europei che privilegiano la deregolamentazione e la competitività a scapito della solidarietà e della protezione sociale.
Si tratta di un modello che, a suo dire, sacrifica il bene comune sull’altare del profitto e dell’interesse geopolitico, relegando i cittadini a meri numeri in un calcolo economico globale.
L’azione politica, pertanto, deve mirare a riconquistare la sovranità popolare e a costruire un’alternativa che metta al centro i diritti dei lavoratori, la tutela dell’ambiente e la difesa della pace.