La giustizia minorile nelle Marche si trova a fronteggiare una crisi sistemica, un disagio profondo che riflette una più ampia trascuratezza istituzionale.
L’annuncio di un’interrogazione parlamentare da parte della deputata Irene Manzi non è solo un atto formale, ma un grido d’allarme che incarna la frustrazione di chi, quotidianamente, si adopera per assicurare a ragazzi e famiglie in difficoltà il diritto a un percorso di giustizia equo e riparatore.
La vicenda della procuratrice costretta a procrastinare il pensionamento, per scongiurare il collasso dell’intero ufficio, è emblematico.
Non si tratta di un episodio isolato, ma la punta dell’iceberg di una situazione critica: organici drasticamente ridotti, carenza di personale amministrativo e un carico di lavoro in costante aumento, amplificato da un contesto sociale caratterizzato da crescenti fragilità e vulnerabilità giovanile.
Questa carenza di risorse non è semplicemente un problema burocratico, ma una profonda erosione della capacità di garantire un servizio essenziale.
La giustizia minorile non è un mero ramo secondario del sistema giudiziario, ma un pilastro fondamentale per la coesione sociale e lo sviluppo di una cittadinanza responsabile.
Interviene in momenti cruciali della vita di minori e delle loro famiglie, offrendo non solo risposte legali, ma anche opportunità di crescita, riabilitazione e reinserimento sociale.
La sua debolezza si traduce in una rinuncia alla prevenzione, un aumento del rischio di devianza e marginalizzazione, e un fallimento nel proteggere chi più urgentemente ne ha bisogno.
L’interrogazione parlamentare del Partito Democratico non si limita a sollecitare un intervento immediato, ma mira a sollecitare un cambio di paradigma.
Si richiede al Ministero della Giustizia di implementare misure strutturali per garantire un organico stabile, qualificato e







