Il tenue spiraglio di una cessazione delle ostilità a Gaza rappresenta un’increspatura di speranza nell’abisso di sofferenza e devastazione che ha pervaso la regione.
La liberazione degli ostaggi, preludio a un graduale disimpegno militare israeliano, costituisce un primo, precario passo verso il ripristino di una dignità compromessa e di un futuro, per ora offuscato, per la popolazione gazzawi.
Questa valutazione, espressa dall’europarlamentare Matteo Ricci, riflette una cauta ottimismo, consapevole delle immense sfide che attendono.
Lungi dall’essere un motivo di celebrazione, l’attuale situazione richiede un’azione determinata e lungimirante.
La tregua, per essere più che un episodio transitorio, deve essere trasmutata in un percorso sostenibile verso una pace giusta e duratura.
Questo implica un profondo ripensamento delle dinamiche geopolitiche e un impegno concreto per affrontare le cause profonde del conflitto.
La responsabilità strategica è condivisa.
Coraggio politico, inteso come la capacità di superare resistenze ideologiche e pressioni lobbistiche, è imprescindibile per avviare un dialogo costruttivo tra le parti.
La diplomazia, non quella opportunistica o funzionale a interessi particolari, ma una diplomazia basata su principi di equità e rispetto del diritto internazionale, deve essere il motore di questo processo.
L’Europa, lungi dall’essere relegata a un ruolo marginale, deve riappropriarsi della sua vocazione originaria di mediatore e promotore di valori condivisi.
Un ritorno a un ruolo di leadership, non di imposizione, ma di ispirazione e sostegno, è fondamentale per favorire la nascita di uno Stato palestinese pienamente funzionante, dotato di sovranità e capacità di autodeterminazione.
La prospettiva a lungo termine impone di guardare al quadro regionale.
Un Medio Oriente caratterizzato da stabilità e prosperità può realizzarsi solo attraverso un approccio olistico che affronti le disuguaglianze economiche, la mancanza di opportunità e la polarizzazione ideologica che alimentano il conflitto.
Un futuro condiviso, fondato su giustizia, sicurezza e libertà, per due popoli e due Stati, non è un’utopia irrealizzabile, ma un imperativo etico e una condizione necessaria per la sopravvivenza di un’intera regione.
Questo obiettivo ambizioso richiede un impegno collettivo, una visione condivisa e una volontà politica incrollabile.
La sfida è ardua, ma la posta in gioco – la dignità umana e la pace – è troppo alta per permettere il fallimento.







