Il 69° anniversario della tragedia di Marcinelle e la 24ª Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo evocano, nella mia memoria, un affresco indelebile.
Non si tratta di una data scolastica, ma di un’eredità vivente, incarnata nel racconto che mio nonno mi tramandava, un racconto intriso di sudore, di speranza e di una profonda, silenziosa dignità.
Immagino la sua partenza, con mia nonna e mio padre in braccio, verso quel Belgio che prometteva un orizzonte di possibilità, un’opportunità di riscatto per la famiglia.
Marcinelle non è solo una località geografica, ma un simbolo potente della diaspora italiana del dopoguerra, un’emigrazione forzata, figlia di un Paese ancora profondamente segnato da disuguaglianze e privazioni.
Ricordare quella strage significa riappropriarsi della nostra storia, riconoscere il prezzo pagato da generazioni di italiani che, abbandonando la terra natia, hanno contribuito in maniera determinante alla ricostruzione di un continente.
Erano loro, i migranti, a sostenere le economie europee, affrontando condizioni di lavoro estenuanti e rischi incommensurabili nelle miniere, nelle fabbriche, nei campi.
Tornare a Marcinelle, qualche anno fa, è stato un’esperienza commovente.
Camminare tra le rovine di quelle baracche, testimonianza tangibile di un’esistenza precaria e isolata, mi ha permesso di comprendere appieno il coraggio e la resilienza dei miei antenati.
Incontrare Urbano Ciacci, l’ultimo testimone vivente di quell’epoca, è stato un privilegio inestimabile.
Ascoltare i suoi racconti, sentire la sua voce tremante mentre rievocava le paure, le speranze e la dura realtà quotidiana dei minatori, ha risvegliato in me un profondo senso di responsabilità.
Quei racconti hanno acceso una scintilla, un fuoco che alimenta il mio impegno politico.
L’eredità di mio nonno, il suo spirito di sacrificio, la sua ferma volontà di costruire un futuro migliore per i suoi figli, sono i pilastri che sorreggono la mia azione.
Non si tratta di un ideale astratto, ma di una promessa concreta: lavorare indefessamente perché ogni cittadino possa godere di opportunità, dignità e speranza.
La tragedia di Marcinelle ci invita a riflettere sulle radici del nostro presente, a non dimenticare il costo umano del progresso, a impegnarci per un mondo più giusto e solidale, in cui il lavoro sia sinonimo di benessere e non di sfruttamento.
È un monito costante, un invito a guardare avanti senza dimenticare il passato, affinché il sacrificio di tanti non sia vano.
Il futuro che auspico è quello che mio nonno sognava per la sua famiglia: un futuro di opportunità, di crescita, di speranza.
Un futuro in cui nessuno debba più lasciare la propria terra in cerca di un destino migliore.