La crisi del pronto soccorso di Urbino, e più ampiamente quella che affligge il sistema sanitario marchigiano, si configura come un campanello d’allarme che risuona con forza.
La denuncia della consigliera regionale Micaela Vitri non è un episodio isolato, ma la manifestazione di un problema strutturale, acuito dalle recenti direttive nazionali.
Il decreto ministeriale del giugno 2024, che vieta il rinnovo dei contratti a gettone per i medici, sebbene in linea di principio miri a una stabilizzazione del personale e a un miglioramento della qualità del servizio, si rivela una spada di Damocle senza un adeguato piano di mitigazione.
La situazione specifica del pronto soccorso di Urbino è drammatica: un solo medico dipendente su un organico previsto di tredici.
Questo deficit, già preoccupante, è stato aggravato da un’emorragia di professionisti, con due dimissioni ad agosto e settembre, l’abbandono del direttore e la concreta possibilità che altri tre colleghi seguano l’esempio, trasferendosi in realtà sanitarie più attrattive.
Le dichiarazioni dell’Ast Pesaro-Urbino, che prospettano la scadenza della convenzione con i gettonisti a giugno 2026 e il successivo abbandono del personale dimissionario a marzo 2026, delineano un futuro incerto e potenzialmente disastroso per la comunità locale.
Questa carenza non è frutto del caso, ma il risultato di una serie di fattori interconnessi.
La mera impossibilità di ricorrere ai medici a gettone, pur essendo una riforma necessaria, non può essere implementata senza un investimento massiccio e tempestivo nell’assunzione di personale stabile.
La mancanza di una visione politica lungimirante, la riluttanza a superare le disparità salariali e contrattuali che disincentivano i professionisti a lavorare in aree geografiche meno privilegiate, hanno creato un circolo vizioso che erode progressivamente la capacità del sistema sanitario di garantire un’assistenza adeguata.
La questione non si riduce alla mera sostituzione dei medici a gettone con personale dipendente.
È imperativo affrontare le cause profonde della crisi: migliorare le condizioni di lavoro, offrire percorsi di carriera stimolanti, implementare politiche di incentivazione che contrastino lo spopolamento delle aree marginali e investire nella formazione di nuovi professionisti.
La richiesta della consigliera Vitri alla giunta Acquaroli non è solo un’interrogazione urgente, ma un appello a una riforma profonda del sistema sanitario regionale, una riforma che metta al centro il benessere dei cittadini e la valorizzazione del capitale umano.
È necessario un cambio di paradigma, un passaggio da un modello reattivo, basato sull’emergenza, a un modello proattivo, orientato alla prevenzione e alla promozione della salute.
La risposta alla crisi di Urbino, e la sua risoluzione, rappresentano un banco di prova cruciale per la credibilità dell’intera classe politica marchigiana.







