Domani mattina, il tribunale di Bologna si occuperà della convalida del fermo di Lorenza Scarpante, cinquantaseienne, indagata per omicidio aggravato del marito, Giuseppe Marra, deceduto il 27 maggio nella loro abitazione bolognese in via Zanolini. La coppia, originaria della Valle d’Aosta, aveva recentemente trasferito la propria residenza in città, intraprendendo l’attività di gestione di un negozio specializzato in prodotti derivati dalla cannabis light, situato in via Indipendenza. Il caso solleva complesse questioni legali e sociali, intrecciandosi con dinamiche familiari, possibili dipendenze e l’emergenza di un’economia legata a sostanze ancora in una zona grigia dal punto di vista normativo.Nel corso del primo pomeriggio, è stata avviata l’autopsia sulla salma di Marra, disposta dalla Procura della Repubblica. Le indagini, condotte dai Carabinieri sotto la direzione della sostituto procuratore Manuela Cavallo, suggeriscono un quadro ricostruttivo che coinvolge l’assunzione congiunta di sostanze stupefacenti tra la notte di martedì e mercoledì. Secondo le ipotesi investigative, un malore improvviso potrebbe aver causato la caduta di Marra a terra, vicino alla soglia d’ingresso dell’appartamento. Successivamente, si presume che la moglie abbia provocato un trauma cranico all’uomo, colpendo ripetutamente la sua testa contro gli spigoli dei muri, lasciando tracce ematiche oggetto di approfonditi accertamenti balistici e genetici.Gli inquirenti hanno ripetutamente perquisito l’abitazione della coppia, alla ricerca di elementi che possano confermare o smentire la ricostruzione degli eventi. Scarpante, intanto, ha categoricamente negato le accuse, sostenendo di essersi ritirata a letto intorno alla mezzanotte e di aver ritrovato il marito senza vita al suo risveglio. Questa versione, tuttavia, presenta incongruenze significative e viene considerata inaffidabile dagli investigatori, che ne rilevano contraddizioni e omissioni. La vicenda apre un dibattito sull’attendibilità delle testimonianze in contesti traumatici e sull’importanza di un’analisi forense rigorosa per stabilire la verità processuale.Nella mattinata odierna, l’indagata ha avuto un lungo colloquio, superiore a un’ora, con il suo avvocato di fiducia, l’avvocata Chiara Rizzo. Quest’ultima ha immediatamente proclamato l’innocenza della sua assistita, ribadendo la sua estraneità ai fatti e sottolineando il suo stato emotivo di profondo dolore e angoscia per la perdita del coniuge e le preoccupazioni per i loro due figli. L’avvocata ha inoltre negato l’abitudine alla tossicodipendenza della sua assistita, affermando che la coppia aveva consumato esclusivamente prodotti light legalizzati. La difesa intende ora esaminare attentamente il fascicolo d’indagine e valutare la strategia processuale più appropriata, compresa la possibilità di avvalersi del diritto di non rispondere. La decisione di rispondere alle domande del giudice o meno, così come l’eventuale ricorso al Riesame, saranno prese in base alla decisione sulla misura cautelare. Il caso pone interrogativi sulla responsabilità individuale, l’impatto delle sostanze legali e la complessità delle dinamiche relazionali all’interno della famiglia, richiedendo un’analisi multidisciplinare che coinvolga aspetti giuridici, psicologici e sociali.
Bologna, udienza sul fermo per l’omicidio di Marra: nuove rivelazioni
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