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Suicidio Assistito: Valle d’Aosta appella il Parlamento

Il dibattito sull’accesso al suicidio medicalmente assistito ha attraversato un momento cruciale nell’ultima seduta del Consiglio regionale della Valle d’Aosta, ponendo in luce le profonde divisioni etiche, giuridiche e politiche che ancora caratterizzano il panorama italiano.

La proposta di legge, originariamente presentata a febbraio 2024 dal gruppo Progetto Civico Progressista e ispirata al testo promosso dall’Associazione Luca Coscioni, non ha ottenuto l’approvazione, incassando un netto rifiuto espresso attraverso 27 astensioni e un limitato supporto di soli 7 consiglieri (provenienti da Progetto Civico Progressista, una frangia del Partito Democratico e un rappresentante di Pour l’Autonomie).
Questo esito, lungi dall’essere una conclusione, riflette la complessità di una tematica che tocca corde sensibili legate all’autodeterminazione, alla dignità umana, al diritto alla salute e al ruolo dello Stato.

La Valle d’Aosta, in questo senso, si fa interprete di un più ampio scontro di posizioni che vede contrapporsi l’esigenza di garantire una risposta concreta ai bisogni di persone affette da patologie irreversibili e insopportabile sofferenza, e le preoccupazioni relative alla tutela della vita, alla possibilità di abusi e all’impatto sulle cure palliative.

L’alternativa offerta dal Consiglio regionale, rappresentata da una risoluzione a favore di un intervento legislativo a livello nazionale, dimostra una volontà di non prendere posizione diretta, deferendo la decisione ad un confronto più ampio e, auspicabilmente, più ponderato.
L’appello al Parlamento implica la necessità di un dibattito parlamentare approfondito, capace di bilanciare i diritti individuali con le responsabilità collettive, e di definire criteri chiari e rigorosi per l’applicazione di un eventuale provvedimento.
La risoluzione, sostenuta da una maggioranza consistente (23 voti su 32, con la netta assenza di Lega e Forza Italia), evidenzia una diffusa richiesta di chiarezza normativa, riconoscendo l’urgenza di affrontare una questione che continua a generare sofferenza e incertezza per molti cittadini.
La mancata approvazione della proposta di legge regionale, unitamente all’appello al Parlamento, segna una fase di transizione, aprendo la strada a un confronto nazionale che, si spera, possa portare a una soluzione equilibrata e rispettosa dei valori fondamentali della nostra società.
Il futuro legislativo di questa delicata materia resta dunque appeso a un filo, in attesa di una decisione parlamentare che possa definire i confini di un diritto ancora troppo nebuloso.

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