La chiusura temporanea del traforo del Monte Bianco, protrattasi fino a dicembre, solleva interrogativi urgenti sulla strategia infrastrutturale del governo e sulla sua capacità di tutelare la coesione territoriale e la resilienza economica del Paese.
L’interruzione di questo nodo cruciale, fulcro di un corridoio di trasporto vitale per l’accesso all’Europa centrale e settentrionale, impatta in maniera significativa sul tessuto produttivo italiano, aggravando problematiche preesistenti e creando nuove vulnerabilità.
L’attenzione politica, al di là della necessità impellente di una soluzione pragmatica, appare distolta da questioni di primaria importanza per la comunità, concentrandosi su progetti infrastrutturali di dubbia utilità e contestabili priorità, come l’opera controversa che riguarda lo Stretto di Messina.
Questa dislocazione di risorse e di focus governativo rischia di generare un ulteriore divario tra aree periferiche e centri decisionali, alimentando un senso di abbandono e di marginalizzazione.
La vice presidente del Partito Democratico, Chiara Gribaudo, ha formalizzato con un’interrogazione parlamentare al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti una richiesta di chiarimenti e di azioni concrete per mitigare le conseguenze della chiusura del traforo.
L’interrogazione non si limita a denunciare la situazione, ma sollecita l’attivazione immediata di un organismo di coordinamento integrato.
Questo tavolo tecnico-istituzionale dovrebbe coinvolgere attivamente le Regioni interessate – Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia – nonché rappresentanze di Confindustria, delle Camere di Commercio e di altri stakeholder economici e sociali rilevanti.
L’obiettivo primario di questa iniziativa concertata dovrebbe essere duplice: da un lato, garantire un flusso di informazioni trasparenti e tempestive per le imprese e i cittadini, prevedendo soluzioni alternative sostenibili e efficienti, anche attraverso l’ottimizzazione delle vie di comunicazione esistenti; dall’altro, elaborare una strategia di lungo termine che preveda non solo la riqualificazione e l’ammodernamento del traforo del Monte Bianco, ma anche lo sviluppo di infrastrutture di trasporto alternative e complementari, volte a rafforzare la resilienza del sistema logistico nazionale e a ridurre la dipendenza da un singolo punto di snodo.
La questione trascende la mera gestione dell’emergenza; pone l’urgenza di una visione strategica che riconosca il ruolo cruciale delle infrastrutture di trasporto per la competitività economica, la coesione sociale e la sicurezza nazionale.
Ignorare o sottovalutare queste implicazioni significherebbe compromettere il futuro del Paese e perpetuare un modello di sviluppo squilibrato e insostenibile.