La Valle d’Aosta si presenta come un’anomalia significativa nel panorama agricolo alpino, sfidando le tendenze di contrazione che affliggono molte regioni montane.
Contrariamente a quanto osservato a livello generale, il Rapporto Montagne Italia dell’Uncem rivela un incremento della superficie agricola tra il 2010 e il 2020, un dato che assume particolare rilievo se contestualizzato con la diminuzione del numero di aziende agricole operanti.
Questa dicotomia, discussa durante l’evento a Oyace alla presenza di figure istituzionali come la sindaca Stefania Clos, il presidente Uncem Marco Bussone, il consigliere nazionale Jean Barocco, il presidente piemontese Roberto Colombero, il direttore dell’Institut Agricole Michele Sigaudo e l’assessore regionale Marco Carrel, apre un dibattito complesso sulle dinamiche che plasmano il settore primario in regione.
L’analisi territoriale del rapporto mette in luce una distribuzione disomogenea della presenza agricola.
L’Unité Monte Emilius si distingue per la maggiore concentrazione di aziende (1,7 per chilometro quadrato), mentre aree storicamente caratterizzate da insediamenti Walser e dal Valdigne presentano una densità significativamente inferiore (0,3).
Questa frammentazione riflette probabilmente differenze nella vocazione produttiva, nelle condizioni orografiche e nelle strategie di gestione del territorio.
La rilevanza economica dell’agricoltura, misurata attraverso l’incidenza percentuale sul valore aggiunto regionale (PIL), varia sensibilmente tra le diverse zone.
Il Gran Combin emerge con una percentuale del 16,1%, seguito dalla zona del Monte Rosa con l’11,6%, mentre il Valdigne si attesta al 4%.
I volumi assoluti della produzione agricola, espressi in euro, mostrano un quadro simile: il Gran Combin genera 5,4 milioni, il Monte Rosa 6,4, l’area Walser 1,4, il Gran Paradiso 9,7, la zona del Monte Emilius 16,8, il Cervino 9,5, l’Evancon 8,4 e il Valdigne 4 milioni.
Questi dati suggeriscono una diversificazione delle economie locali, dove l’agricoltura gioca un ruolo più o meno preponderante a seconda delle peculiarità del territorio.
L’interpretazione dei dati offerta da Bussone e Barocco sottolinea la resilienza del sistema agricolo valdostano, evidenziando come, nonostante la riduzione delle imprese, la superficie coltivata sia in crescita.
Questa contraddizione invita a una riflessione approfondita sulle cause sottostanti: forse si tratta di aziende più grandi e specializzate, o di una maggiore efficienza nell’utilizzo delle risorse agricole.
Il futuro del settore, secondo gli esponenti Uncem, passa attraverso un investimento mirato nella formazione continua degli imprenditori e degli operatori del settore, in stretta collaborazione con l’Institut Agricole, per affrontare le sfide legate alla sostenibilità, all’innovazione tecnologica e alla valorizzazione dei prodotti tipici, garantendo al contempo la trasmissione del sapere tradizionale alle nuove generazioni e la vitalità delle comunità montane.
Il rapporto, in definitiva, pone le basi per una strategia di sviluppo agricolo mirata, capace di conciliare la salvaguardia del paesaggio, la competitività economica e il benessere sociale.