Il dibattito sulla sostenibilità del sistema previdenziale italiano richiede una profonda revisione strutturale, superando gli interventi emergenziali e parziali che hanno caratterizzato il panorama legislativo degli ultimi decenni.
Come evidenziato dal presidente del Consiglio indirizzo e vigilanza Inps, Robertino Ghiselli, è necessario un approccio che richiami la visione complessiva e lungimirante della riforma Dini del 1995, pur tenendo conto delle mutate condizioni economiche e demografiche.
L’attuale sistema, sebbene mostri una certa inerzia e capacità di autoregolazione, si trova di fronte a sfide cruciali.
L’evoluzione del mercato del lavoro, con una crescente prevalenza di contratti a tempo determinato e part-time, genera profili lavorativi che, pur con una carriera contributiva di decenni, si traducono in pensioni drasticamente ridotte, spesso al di sotto di livelli minimi vitali.
Citare un esempio concreto, una pensione di 300 euro al mese, senza integrazione, solleva interrogativi etici e sociali di primaria importanza.
La frammentazione delle misure introdotte – quota 100, quota 103, ape sociale, opzioni per i lavoratori precoci – ha creato un sistema complesso, spesso percepito come ingiusto e inefficiente.
Questi interventi, sebbene voluti per attenuare le immediate difficoltà, rischiano di aver compromesso la coerenza strutturale del sistema nel lungo termine, aggravando il rischio di squilibri finanziari.
È imperativo che la riforma previdenziale non si limiti a correggere le criticità emergenti, ma si proietti verso il futuro, considerando l’impatto demografico e l’evoluzione del mercato del lavoro nei prossimi trent’anni.
L’invecchiamento della popolazione, la diminuzione del tasso di natalità e la progressiva riduzione della forza lavoro attiva esercitano una pressione crescente sul sistema pensionistico, rendendo insostenibili gli attuali equilibri.
La riforma deve quindi puntare a una maggiore equità intergenerazionale, assicurando che le nuove generazioni non siano gravate da un onere contributivo eccessivo.
Ciò implica una revisione dei parametri di accesso alla pensione, dei meccanismi di calcolo delle prestazioni e della distribuzione dei costi tra lavoratori e Stato.
Un elemento chiave è la promozione di una maggiore partecipazione femminile al mercato del lavoro, riconoscendo e valorizzando il contributo delle donne alla produzione di ricchezza e alla creazione di un sistema pensionistico più equilibrato.
Inoltre, è essenziale incentivare la previdenza complementare, offrendo strumenti finanziari accessibili e flessibili che consentano ai lavoratori di integrare la pensione pubblica e garantire un tenore di vita dignitoso durante la vecchiaia.
La riforma del sistema previdenziale non è solo una questione economica, ma anche una questione sociale e politica.
Richiede un ampio consenso tra le parti sociali e un impegno costante da parte del governo per garantire la sostenibilità del sistema e tutelare i diritti dei lavoratori e dei pensionati.
La visione a lungo termine, come quella incarnata dalla riforma Dini, deve guidare questo percorso, mirando a un sistema che sia equo, efficiente e capace di rispondere alle sfide del futuro.








