Un atto di civiltà e lungimiranza per un’Italia che non può permettersi di ignorare la sua spina dorsale montuosa, cuore pulsante di identità, resilienza e potenziale inespresso.
Questa è la sostanza della legge Montagna, un provvedimento cruciale che, con le necessarie revisioni parlamentari, si appresta a ridisegnare il futuro delle aree interne e marginali del nostro Paese.
Lo ha evidenziato il deputato Franco Manes, presidente dell’Intergruppo Parlamentare per la Montagna, sottolineando come la montagna non possa essere relegata a un ruolo di marginalità o ricordo del passato.
Le aree montane, che abbracciano oltre 4.000 Comuni distribuiti su quasi la metà del territorio nazionale, rappresentano una componente strutturale e imprescindibile dell’identità italiana.
Non si tratta di un’appendice geografica, bensì di un ecosistema complesso, fragile e dinamico, custode di un patrimonio culturale, ambientale ed economico di inestimabile valore.
L’approssimazione di questa realtà con la definizione di “periferia” è una visione miope che ignora la sua imprescindibile funzione di regolatore idrico, custode della biodiversità, fucina di innovazione e serbatoio di capitale umano spesso trascurato.
La Valle d’Aosta, con la sua storia di autonomia e capacità di adattamento, incarna l’esempio di come le comunità montane possano affrontare le sfide con determinazione e ingegno.
L’esperienza valdostana dimostra che la convivenza con l’ambiente montano, seppur complessa, è non solo possibile, ma anche fonte di opportunità e sviluppo sostenibile.
La difesa dei servizi essenziali – sanità, istruzione, mobilità, sostegno alle imprese e alla natalità – non sono semplici priorità, ma condizioni imprescindibili per la sopravvivenza e la prosperità di questi territori.
La legge Montagna, con le sue modifiche, è un segnale di riconoscimento e di inversione di tendenza.
Tra le disposizioni più significative spicca la norma che libera da responsabilità civili proprietari, Comuni e consorzi per incidenti su sentieri e strade agricole.
Questa è una battaglia che le comunità montane aspettavano da tempo, un atto di giustizia che riconosce il diritto di vivere e lavorare in montagna, senza essere soffocati da un onere burocratico e finanziario eccessivo.
Al tempo stesso, questa disposizione è un segnale culturale: invita al rispetto dei limiti e delle regole che governano la montagna, promuovendo una fruizione consapevole e responsabile del territorio.
Tuttavia, la legge Montagna non può fermarsi qui.
È necessario un impegno continuo per promuovere politiche di sviluppo locale, incentivare l’imprenditoria giovanile, rafforzare i collegamenti infrastrutturali e sostenere la conservazione del patrimonio naturale e culturale.
Solo attraverso un approccio integrato e partecipativo sarà possibile invertire la spirale dello spopolamento, creare nuove opportunità di lavoro e garantire un futuro sostenibile per le comunità montane, custodi imprescindibili dell’anima e dell’identità italiana.
La montagna non è un problema da risolvere, ma una risorsa da valorizzare, un laboratorio di idee e di soluzioni per un’Italia più equa, resiliente e prospera.