La vicenda che coinvolge Rete Civica e Europa Verde, escluse dai tabelloni elettorali per la campagna referendaria, solleva interrogativi profondi sulla libertà di espressione politica e sulla gestione della consultazione popolare in Valle d’Aosta.
La denuncia, formalizzata dai rappresentanti Elio Riccarand e Massimiliano Kratter, evidenzia un quadro di decisioni opache e azioni che appaiono in contrasto con i principi di parità di accesso alle opportunità di comunicazione in una fase cruciale per la vita democratica regionale.
L’esclusione dei due gruppi politici, promotori stessi della richiesta referendaria, si fonda su comunicazioni ritenute anomale provenienti dalle Giunte comunali, con poche eccezioni.
Questa scelta, apparentemente amministrativa, si rivela, a detta dei denuncianti, una manovra che limita la possibilità di un dibattito pubblico ampio e pluralistico, elemento imprescindibile per la legittimità di un referendum.
Il quadro si complica con l’intervento di Erika Guichardaz, capogruppo del Pcp (partito a cui Rete Civica ed Europa Verde appartengono).
La sua decisione unilaterale di rinunciare agli spazi di affissione, preventivamente contrastata dai due gruppi, viene interpretata come un atto arbitrario che si arroga un potere inesistente.
A questa scelta si aggiunge l’intervento della segreteria generale della Regione, che, strumentalizzando la dichiarazione di Guichardaz, avrebbe indotto i Comuni a negare gli spazi formalmente richiesti, configurando una situazione di evidente ingiustizia procedurale.
Questa sequenza di eventi non può essere ridotta a una semplice divergenza interna al partito.
Essa apre interrogativi più ampi riguardanti i meccanismi di influenza e controllo che operano all’interno delle istituzioni regionali e le modalità con cui viene garantita la partecipazione delle diverse forze politiche al processo decisionale.
L’azione contestata, infatti, non si limita a limitare l’accesso a spazi di affissione, ma incide direttamente sulla possibilità di informare e mobilitare l’elettorato, ponendo una barriera alla libera espressione del pensiero politico.
La gravità della situazione risiede nella potenziale compromissione del principio di *par condicio*, cardine delle elezioni e dei referendum democratici.
Un referendum privo di una partecipazione equa delle diverse sensibilità politiche rischia di perdere la sua credibilità e la sua capacità di rappresentare la volontà popolare.
La vicenda solleva quindi un campanello d’allarme sulla necessità di una maggiore trasparenza e responsabilità nella gestione delle consultazioni pubbliche e sulla tutela della libertà di espressione politica, pilastri fondamentali di una società democratica.
L’intera vicenda impone un’indagine approfondita per accertare le responsabilità e garantire che in futuro la partecipazione politica sia libera e paritaria per tutti i soggetti coinvolti.