La tragica scomparsa di Samuele Privitera, giovane ciclista strappato alla vita durante una gara, ha riacceso un dibattito cruciale: la sicurezza nel ciclismo.
Il presidente della Federazione Ciclistica Italiana, Cordiano Dagnoni, ha espresso la necessità urgente di una revisione approfondita delle misure di protezione, proponendo all’Unione Ciclistica Internazionale (UCI) nuove linee guida relative a biciclette, abbigliamento e caschi.
L’obiettivo è colmare un divario evidente rispetto ad altri sport che hanno già implementato sistemi di sicurezza avanzati.
Pensiamo allo sci alpino, con l’introduzione dell’airbag integrato nell’abbigliamento, o all’equitazione, dove la protezione da impatti è una priorità.
Anche l’automobilismo, con le sue sofisticate strutture di protezione come le barre antirollio, dimostra come la sicurezza possa essere integrata, pur con delle implicazioni tecniche.
Dagnoni sottolinea come l’aderenza a standard di sicurezza più elevati, anche a costo di compromessi in termini di aerodinamica e peso, debba diventare un imperativo.
Si tratta di un approccio che riconosce la natura intrinsecamente rischiosa del ciclismo, un sport che, nonostante gli sforzi, non può garantire l’assenza di incidenti.
I pericoli non sono uniformi: l’allenamento presenta rischi diversi rispetto alle competizioni, dove la velocità e la competizione esasperano i fattori di vulnerabilità.
Per affrontare questa sfida, la Federazione Ciclistica Italiana ha istituito una commissione dedicata alla sicurezza, un tavolo di lavoro multidisciplinare che coinvolge esperti e figure chiave.
La commissione ha il compito di elaborare proposte concrete da sottoporre all’UCI, non solo per adeguarci alle normative esistenti, ma anche per promuovere un cambiamento culturale che metta la sicurezza al centro della pratica ciclistica.
La discussione non riguarda solo l’equipaggiamento.
Si tratta di una riflessione più ampia che include la formazione dei ciclisti, l’organizzazione delle gare, la valutazione dei percorsi e la gestione degli imprevisti.
L’UCI, in quanto organismo di governo dello sport, ha la responsabilità di coordinare gli sforzi a livello internazionale e di promuovere l’adozione di standard di sicurezza uniformi, tenendo conto delle specificità del ciclismo su strada, in pista e nelle diverse discipline.
L’evento che ha portato alla perdita di Samuele Privitera rappresenta un monito doloroso, un appello a non rassegnarsi a una visione fatalista del rischio sportivo, ma a lavorare incessantemente per mitigare i pericoli e proteggere la vita degli atleti.
La memoria di Samuele, e di tanti altri caduti, deve ispirare un impegno concreto e duraturo nella ricerca di un ciclismo più sicuro e sostenibile.