La sera di Santo Stefano, a Castiglione dei Genovesi, un evento drammatico ha scosso la quiete di un piccolo borgo incastonato tra le colline dei monti Picentini.
Carmine Siano, stimato ingegnere e sindaco di questo comune di poco più di mille anime, è stato vittima di un’aggressione brutale, che ha lasciato un’impronta indelebile sulla comunità.
Le macchie di sangue, ancora tangibili sul luogo dell’aggressione, testimoniano la violenza subita dall’uomo, un simbolo di stabilità e dedizione al bene comune.
L’episodio, apparentemente privo di movente apparente, solleva interrogativi profondi sulla natura della violenza e le sue radici.
Un atto insensato che non solo ha colpito fisicamente un uomo, ma ha ferito nel profondo il tessuto sociale di Castiglione dei Genovesi.
L’uso di un’arma contundente, come un bastone o una spranga, suggerisce un’azione premeditata, un’esplosione di rabbia o frustrazione canalizzata in un attacco diretto e inaspettato.
L’anonimato dell’aggressore, celato dietro una maschera, amplifica il senso di mistero e di angoscia, alimentando la paura e l’incertezza tra gli abitanti.
Questa vicenda, più che un semplice episodio di violenza fisica, si configura come una frattura nella serenità di un territorio dove i rapporti sono tradizionalmente improntati alla solidarietà e al rispetto.
La figura del sindaco, spesso percepita come un punto di riferimento e un mediatore tra i cittadini, è stata deliberatamente presa di mira, offuscando la distinzione tra l’uomo e la sua carica istituzionale.
L’aggressione a Carmine Siano pone quindi interrogativi cruciali sulla sicurezza percepita nelle piccole comunità, sulla fragilità dei legami sociali e sulla capacità di dialogo e confronto.
La ricostruzione dell’accaduto e l’identificazione del responsabile sono prioritarie, ma non meno importante è la necessità di promuovere un processo di riflessione collettiva che affronti le cause profonde di una simile violenza, cercando di recuperare un clima di fiducia e coesione all’interno di Castiglione dei Genovesi.
La ferita inferta è profonda e la sua guarigione richiederà tempo, impegno e la partecipazione attiva di tutti i membri della comunità.





