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giovedì 20 Novembre 2025

Amiu: Assoluzione per Prescrizione, Riapre il Dibattito sulla Giustizia

L’inchiesta che ha coinvolto esponenti apicali dell’Amiu, la società municipalizzata genovese responsabile della gestione dei rifiuti, si è conclusa con un epilogo inatteso: l’assoluzione di tutti gli imputati in Cassazione, a causa dell’intervenuta prescrizione dei reati.
Questa decisione, che ha segnato la fine di un lungo e tortuoso iter giudiziario, ha riaperto un acceso dibattito sull’efficienza della giustizia e sulla lunghezza dei processi penali in Italia.

L’indagine, inizialmente incentrata su presunti illeciti legati all’assegnazione di appalti per la gestione dei rifiuti, aveva portato alla condanna in appello di numerosi individui, tra cui ex dirigenti dell’Amiu e imprenditori.

La Corte d’Appello di Genova aveva, nel 2023, confermato le condanne, seppur riducendone l’entità e diminuendo le cifre delle confische patrimoniali, passate da quasi due milioni a poco più di un milione di euro.

Tuttavia, la Cassazione, intervenendo in ultima istanza, ha accolto le argomentazioni difensive, rimettendo in discussione le fondamenta della condanna.

Un elemento cruciale è stato il ridimensionamento dell’aggravante legata alla falsità dei documenti, ritenuti atti interni all’organizzazione e non di natura pubblica, elemento questo che ne inficiava la configurabilità del reato.
Inoltre, la Corte ha riqualificato il reato di corruzione, modificandone la tipologia da “propria funzione” a “esercizio della funzione”, una distinzione tecnica che, in combinazione con i dilatati tempi processuali, ha determinato l’imprescindibile decorrenza dei termini di prescrizione.

La vicenda è stata caratterizzata da una serie di intoppi procedurali che hanno contribuito in maniera determinante alla lunghezza del processo.
La necessità di una nuova perizia tecnica, protrattasi per un anno, ha rappresentato il primo rallentamento.
Successivamente, la stesura delle motivazioni della sentenza d’appello ha richiesto ben diciotto mesi, un compito affidato a magistrati andati in pensione, ulteriore segnale della carenza di risorse e della complessità del sistema giudiziario.

Il deposito delle motivazioni, inizialmente previsto per il termine di novanta giorni, si è protratto fino ad aprile dell’anno successivo.
Tra le figure chiave coinvolte, spiccano Corrado Grondona, ex responsabile affari generali dell’Amiu, condannato inizialmente a 5 anni e sei mesi, e i fratelli Vincenzo e Gino Mamone, con una pena confermata a quattro anni e sei mesi.
Le condanne per Daniele e Stefano Raschellà sono state ridotte a quattro anni.

Claudio Deiana ha visto la propria pena confermata a 4 anni e 6 mesi.

Secondo l’accusa, l’allora dirigente dell’Amiu avrebbe sfruttato la propria posizione per favorire imprenditori in cambio di benefici personali, come cene e intrattenimento, al fine di assicurarsi l’assegnazione di appalti.

Nonostante l’archiviazione dell’accusa di associazione a delinquere in primo grado, le accuse di corruzione erano rimaste in piedi.

La difesa degli imputati, articolata e capillare, si è avvalsa dell’opera di avvocati di spicco come Nicola Scodnik, Alessandro Vaccaro, Alessandro Sola, Massimo Ceresa Gastaldo, Emanuele Olcese, Giuseppe Maggioni e Anna Francini, evidenziando le criticità procedurali e la problematicità dell’applicazione delle norme in un contesto caratterizzato da una lunga durata del processo.

L’esito finale, con l’assoluzione per decorrenza dei termini, solleva interrogativi sulla necessità di una riforma più incisiva del sistema giudiziario italiano, volta a garantire una maggiore celerità e ad evitare che la lunghezza dei processi comprometta l’effettività della giustizia.

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