L’operazione della Squadra Mobile torinese, diretta dal dirigente Davide Corazzini, ha portato all’arresto di Said Alì, ventiquattro anni, di origine marocchina ma con cittadinanza italiana, figura controversa divenuta popolare sui social media con il nome “Don Alì”.
Le indagini, condotte sotto la supervisione della Procura di Torino, gettano luce su un fenomeno complesso che intreccia dinamiche di comunità, utilizzo dei media digitali e, potenzialmente, comportamenti intimidatori.
Said Alì, noto per la sua presenza su TikTok e Instagram, aveva coltivato un’immagine di leader carismatico, autoproclamatosi “Re dei Maranza”, termine che, in questo contesto, sembra riferirsi a un gruppo o movimento sociale.
La sua ascesa digitale è stata interrotta da un’escalation di eventi che hanno sollevato interrogativi sul limite tra espressione personale, critica sociale e condotte riprovevoli.
L’episodio che ha acceso i riflettori sulla vicenda è un video girato nel quartiere Barriera di Milano, in cui Alì verbalmente aggredisce un maestro elementare, accusandolo di presunte maltrattamenti verso un alunno.
Il video, rapidamente diffuso online, ha generato un’ondata di polemiche e ha portato il docente a sporgere denuncia, aprendo un fascicolo d’indagine presso la Procura.
La scena mostrava l’insegnante circondato e minacciato, non solo da Alì, ma anche da altri individui che sembrano parte del suo entourage, suggerendo una rete di relazioni e un sistema di appartenenza che meritano un’analisi più approfondita.
La vicenda si è inaspettatamente ampliata quando, in prossimità di corso Novara, un gruppo di lavoro della trasmissione televisiva “Dritto e Rovescio” di Rete 4, impegnato in un servizio proprio incentrato sulla figura di Don Alì, è stato vittima di un atto di vandalismo di estrema gravità.
Un individuo incappucciato, armato di una mazza chiodata, ha deliberatamente danneggiato il veicolo di servizio, frantumandone il parabrezza e fuggendo poi a bordo di un altro mezzo.
Questo secondo episodio, di chiara matrice intimidatoria, è attualmente oggetto di indagine da parte dei Carabinieri, che stanno lavorando per identificare l’aggressore e stabilire eventuali collegamenti con la sfera di influenza di Said Alì.
L’arresto di Said Alì e le indagini in corso, che coinvolgono sia la Polizia che i Carabinieri, non si limitano all’accertamento delle responsabilità penali dei singoli individui coinvolti.
Esse rappresentano un’occasione per riflettere su temi più ampi, quali l’utilizzo dei social media come piattaforma per la diffusione di messaggi polarizzanti, la percezione della giustizia sommaria in contesti di marginalità sociale, e la necessità di un approccio educativo e di mediazione che promuova il dialogo costruttivo e il rispetto delle istituzioni.
Il caso Alì, in definitiva, solleva interrogativi cruciali sulla fragilità del tessuto sociale e sulla complessa interazione tra identità digitale, realtà fisica e diritto.









