La crescente tensione all’interno dell’Azienda Sanitaria Territoriale di Ascoli Piceno si fa sempre più palpabile, con la Cisl Funzioni Pubbliche che lancia un nuovo, acceso allarme.
Il segretario provinciale, Giorgio Cipollini, descrive una situazione che, a suo avviso, ha superato i limiti di sostenibilità, minacciando la qualità dei servizi offerti e, non meno importante, la salute psicofisica del personale sanitario.
L’emergenza non è una novità.
Già in precedenza il sindacato aveva espresso forte preoccupazione per l’applicazione di pratiche lavorative precarie e inadeguate, che impongono agli operatori spostamenti continui tra diverse strutture sanitarie, spesso anche su lunghe distanze, senza compensazioni economiche o temporali.
Questa frammentazione operativa, secondo Cipollini, compromette la professionalità del personale, disorientandolo e riducendo la sua capacità di fornire cure mirate e continuative.
Il modello attuale, in sostanza, non tiene conto della complessità del lavoro sanitario, relegandolo a una mera esecuzione di compiti disconnessi e privi di un contesto clinico coerente.
L’episodio della RSA di Offida, recentemente segnalato, rappresenta una fotografia emblematico di un sistema in crisi.
L’assegnazione di un solo Operatore Socio Sanitario (OSS) per l’intero turno pomeridiano del 17 novembre – un numero palesemente insufficiente rispetto agli standard assistenziali e alle prassi consolidate – rivela una gestione delle risorse profondamente problematica.
La drammatica necessità di richiedere al personale esistente straordinari forzati, con ripercussioni sul diritto al riposo e sulla vita privata, sottolinea la mancanza di una pianificazione organica e l’assenza di un reale impegno da parte dell’azienda nella garanzia di condizioni di lavoro dignitose.
L’imposizione di turni massacranti, con operatori costretti a lavorare per oltre undici ore consecutive, evidenzia una pericolosa sottovalutazione del capitale umano e una preoccupante indifferenza verso il benessere dei dipendenti.
Cipollini non intende limitarsi a denunciare i singoli episodi, ma pone l’attenzione su una problematica più ampia e strutturale.
Al di là delle questioni economiche ancora pendenti e delle criticità contrattuali da risolvere, la vera sfida è ripensare l’organizzazione del lavoro all’interno dell’Ast.
Un sistema basato sulla precarietà, sulla frammentazione e sulla pressione costante non è sostenibile nel lungo periodo.
Il rischio è quello di vedere progressivamente erodersi la motivazione e l’impegno del personale, con conseguenze dirette sulla qualità delle cure erogate e sulla fiducia dei cittadini nei confronti del sistema sanitario pubblico.
La domanda che Cipollini pone con urgenza è questa: quanto a lungo si potrà pretendere dai dipendenti dell’Ast di continuare a garantire i loro servizi in queste condizioni, esponendoli a un carico di lavoro insostenibile e a un livello di stress emotivo elevato? La risposta a questa domanda, ammonisce il segretario, non può essere rimandata, poiché il costo di un ulteriore ritardo sarà pagato, in termini di salute e benessere, da tutti.
È necessario un cambio di paradigma, una revisione radicale delle politiche gestionali e un investimento strategico nel capitale umano, per restituire all’Ast un futuro di sostenibilità e di eccellenza.








