L’emorgenza di un crescente disinteresse verso le urne in Italia solleva interrogativi urgenti sul futuro stesso della nostra convivenza democratica.
Non possiamo permetterci di assistere a una progressiva erosione della partecipazione civica, riducendo la democrazia a una formalità svuotata di significato e vitalità.
Tentativi superficiali e soluzioni parziali risulterebbero non solo inefficaci, ma potrebbero involontariamente esacerbare il problema, aggravando le cause profonde dell’allontanamento dei cittadini dalla politica.
L’appuntamento annuale dell’Assemblea Nazionale dei Comuni (Anci), un crocevia cruciale che riunisce i rappresentanti di quasi otto mila comunità locali, ha offerto al Presidente della Repubblica un’occasione significativa per innalzare un campanello d’allarme.
Più che un semplice richiamo, si è trattato di un appello appassionato e diretto alla classe politica, esortandola a confrontarsi con la gravità del fenomeno dell’astensionismo.
La questione non può essere banalizzata o ridotta a una mera questione di numeri.
L’astensione non è semplicemente un dato statistico da analizzare; è il sintomo di un disagio profondo, di una frattura tra cittadini e istituzioni.
Riflette una perdita di fiducia, una percezione di inefficacia e lontananza da parte di chi, un tempo, si sentiva parte attiva del processo decisionale.
Il Presidente ha implicitamente sollecitato una riflessione più ampia e radicale.
È necessario interrogarsi sulle cause che spingono i cittadini a sentirsi disillusi, marginalizzati, persino esclusi dalla vita politica.
Forse si tratta di un deficit di trasparenza, di una mancanza di accountability, di promesse non mantenute, di un linguaggio politico percepito come distante dalla realtà quotidiana.
L’appello non si limita a richiamare la politica all’attenzione del problema, ma invita anche a un ripensamento profondo del rapporto tra governanti e governati.
È necessario ricostruire ponti, creare canali di dialogo più diretti ed efficaci, promuovere una maggiore partecipazione civica a tutti i livelli.
La tenuta democratica non si misura solo con la presenza alle urne, ma soprattutto con la capacità di una comunità di sentirsi rappresentata, ascoltata e parte attiva del proprio destino.
Il silenzio delle urne è un monito che non possiamo ignorare, un segnale d’allarme che richiede un’azione tempestiva e responsabile da parte di tutti gli attori sociali e politici.
Solo attraverso un impegno congiunto e una visione condivisa sarà possibile rilanciare la fiducia dei cittadini e rafforzare le fondamenta della nostra democrazia.







