L’Italia contemporanea sembra orientarsi verso un’epoca caratterizzata da inedite forme di adesione a modelli autoritari.
Un dato allarmante, emerso dall’analisi del Censis nel suo tradizionale rapporto annuale, rivela che circa un terzo della popolazione italiana manifesta una propensione verso “autocrazie”, ovvero sistemi che concentrano potere e decisione in figure singole, percepite come capaci di imporre ordine e rapidità in un contesto sociale percepito come caotico e incerto.
Questa inclinazione non è un fenomeno isolato o marginale, ma un sintomo più profondo di una crisi di fiducia nelle istituzioni tradizionali e nei processi democratici.
L’erosione della fiducia nella politica, alimentata da scandali, promesse non mantenute e una percezione di distanza tra governanti e governati, ha creato un vuoto che modelli alternativi, anche radicali, cercano di riempire.
L’analisi del Censis non si limita a registrare questo dato quantitativo, ma ne indaga le radici culturali e psicologiche.
Si tratta di un fenomeno complesso, intrecciato con la disillusione verso la globalizzazione, la paura del futuro, la ricerca di identità in un’epoca di incertezza e la crescente polarizzazione sociale.
L’idea di un leader forte, capace di prendere decisioni rapide e di superare gli ostacoli burocratici, risponde a un bisogno di sicurezza e controllo in un mondo percepito come sempre più imprevedibile.
È importante sottolineare che questa “adesione” alle autocrazie non si traduce necessariamente in un desiderio di dittatura nel senso classico del termine.
Piuttosto, riflette una volontà di vedere rappresentati interessi e aspirazioni individuali o di gruppo, percepiti come trascurati o ignorati dai meccanismi tradizionali della democrazia.
Si assiste a una sorta di “democratura”, una richiesta di decisioni rapide e dirette, spesso a scapito dei principi di trasparenza, partecipazione e pluralismo.
La ricerca del Censis evidenzia anche una correlazione tra questa propensione all’autoritarismo e la precarietà economica e sociale.
Chi si sente escluso, marginalizzato o impotente è più incline a cercare soluzioni “forti” e “decisive”, anche a costo di rinunciare a garanzie democratiche.
Tuttavia, l’analisi non si ferma alla mera constatazione del problema.
Il rapporto del Censis si propone di stimolare una riflessione critica sulle cause profonde di questo fenomeno e di suggerire possibili strategie per rafforzare la fiducia nelle istituzioni democratiche, promuovere la partecipazione civica e ridurre le disuguaglianze sociali.
Si tratta di un campanello d’allarme che richiede un’azione urgente e concertata da parte di tutte le forze politiche, sociali e culturali del Paese.
La sfida è quella di riconnettere i cittadini con la democrazia, di restituire loro un senso di appartenenza e di prospettiva, e di ricostruire un patto sociale fondato sui valori della libertà, dell’uguaglianza e della solidarietà.





