L’attuale assetto proprietario del capitale della Banca d’Italia, unitamente alle sue riserve auree, solleva questioni di rilevanza costituzionale e di percezione pubblica che meritano un’analisi approfondita.
Contrariamente a una comprensione superficiale, il capitale, comprensivo delle riserve in oro, non è interamente detenuto dallo Stato italiano.
Una quota significativa è distribuita tra una pluralità di soggetti giuridici, prevalentemente istituzioni finanziarie quali banche, compagnie assicurative, fondazioni, enti di previdenza, fondi pensione e altri intermediari finanziari, tutti aventi sede legale in Italia.
È importante sottolineare che molti di questi soggetti, pur operando in Italia, sono a loro volta parte di gruppi economici di natura internazionale, con conseguenti implicazioni sulla governance e sulla potenziale influenza esterna.
Questa particolare struttura proprietaria ha alimentato preoccupazioni, particolarmente accentuate in un contesto storico di crescente sensibilità verso la sovranità nazionale e la gestione del patrimonio pubblico.
La paura, diffusa tra alcuni segmenti della popolazione, è che soggetti privati, inclusi quelli con legami transnazionali, possano, in futuro, avanzare pretese di diritti sulle riserve auree, considerate parte integrante del patrimonio nazionale e simbolo della stabilità economica del Paese.
La recente proposta di emendamento alla manovra finanziaria, promossa da Fratelli d’Italia e documentata in una nota informativa intitolata ‘Oro di Bankitalia al popolo italiano: smontiamo le fake news’, mira a dissipare queste preoccupazioni e a chiarire in maniera definitiva la proprietà delle riserve auree.
L’iniziativa non nasce tanto per contestare la situazione esistente – che si basa su accordi e normative preesistenti – quanto per rafforzare la percezione di controllo e di tutela del patrimonio nazionale da parte dello Stato italiano.
L’emendamento, quindi, intende non tanto modificare la proprietà effettiva – che richiederebbe procedure complesse e potenzialmente conflittuali – quanto piuttosto sancire in modo inequivocabile che le riserve auree sono da considerarsi patrimonio dello Stato italiano, garantendo la loro protezione e la loro destinazione alla salvaguardia degli interessi nazionali.
Si tratta di un’operazione di trasparenza e di comunicazione strategica, volta a ristabilire fiducia e a contrastare narrazioni fuorvianti, spesso amplificate dai media e dai social network, che potrebbero alimentare timori infondati e pregiudizi nei confronti delle istituzioni finanziarie.
L’azione proposta si inserisce, quindi, in un più ampio contesto di revisione delle politiche economiche e finanziarie, con l’obiettivo di rafforzare la sovranità nazionale e di tutelare gli interessi dei cittadini italiani.





