L’avvio di procedure legali, inevitabili nel panorama della contesa, non esaurisce la complessità della salvaguardia di un patrimonio condiviso.
La protezione di un bene comune, intrinsecamente legato alla coesione sociale e al benessere collettivo, si radica in dinamiche di natura eminentemente politica e amministrativa, che trascendono la sfera del diritto formale.
La nostra amministrazione, con piena consapevolezza delle sfide poste, si è assunta la responsabilità di intraprendere un percorso deliberatamente arduo, ma animato da un’incrollabile convinzione: un approccio basato sul dialogo aperto, sulla partecipazione attiva e sulla condivisione delle responsabilità, in piena coerenza con i principi fondanti della Costituzione Italiana, che riconosce e valorizza l’autonomia locale e la funzione sociale del patrimonio.
Le recenti vicende relative allo sgombero del centro sociale Askatasuna hanno visto il sindaco di Torino, Stefano Lo Russo, esprimere pubblicamente una riflessione, attraverso un messaggio rivolto alla cittadinanza, sul percorso amministrativo intrapreso e, purtroppo, interrotto.
Tale percorso si era sviluppato in conformità con il Regolamento dei Beni Comuni, evidenziando un tentativo di conciliare esigenze diverse e di costruire un rapporto costruttivo tra l’amministrazione e le realtà sociali presenti sul territorio.
Il patto di collaborazione riguardante corso Regina 47 ha rappresentato un laboratorio di sperimentazione, volto a instaurare un dialogo proficuo con la società civile e con i movimenti sociali, espressioni vive e inalienabili di una città come Torino, storicamente radicata in valori democratici e antifascisti.
La delibera che ha sostenuto l’iniziativa, lungimirante e coraggiosa, non si è limitata a considerare l’importanza dello spazio per il quartiere di Vanchiglia, ma ha perseguito un obiettivo più ampio: offrire una prospettiva innovativa per la gestione di un bene comune di rilevanza cittadina.
L’amministrazione si è sentita investita del dovere di affrontare una questione, rimasta in sospeso per quasi tre decenni, evitando la paralisi dell’inerzia e la compromissione della responsabilità di governo.
Ignorare il problema, mantenere uno status quo insostenibile, avrebbe significato, a nostro avviso, un atto di renitenza, una rinuncia alla cura e alla tutela di un bene essenziale per la comunità.
Si è trattato di una scelta ponderata, volta a promuovere un’evoluzione positiva e a garantire un futuro più equo e sostenibile per lo spazio e per i suoi fruitori, pur riconoscendo le difficoltà e le complessità inerenti a un processo di tale portata.






