Il Tribunale di Bologna è chiamato a giudicare un caso di drammatica violenza giovanile, un evento che ha scosso la comunità e sollevato interrogativi profondi sulla dinamica delle relazioni tra adolescenti e sulle conseguenze di un escalation di conflitti.
La Procura, rappresentata dalla sostituto procuratore Caterina Salusti, ha richiesto una condanna a ventuno anni di reclusione per il minorenne, allora sedicenne, accusato dell’omicidio di Fallou Sall, un ragazzo di pari età tragicamente scomparso il 4 settembre 2024 in via Piave.
L’episodio, maturato in seguito all’intervento del giovane Fallou in difesa di un suo amico, un diciassettenne di origine bengalese, si presenta come una complessa rete di tensioni preesistenti e un’improvvisa esplosione di violenza.
Il processo si articola secondo il rito ordinario, con un collegio di giudici presieduto dalla presidente del Tribunale, Gabriella Tomai, e si svolge a porte chiuse, per tutelare la privacy dei minori coinvolti e mitigare l’impatto emotivo sulle famiglie.
Accanto all’accusa di omicidio, il giovane imputato, difeso dall’avvocato Pietro Gabriele, è anche accusato di tentato omicidio nei confronti del diciassettenne bengalese, il quale, a sua volta, dovrà rispondere di lesioni e molestie telefoniche nei confronti del principale imputato.
Quest’ultimo aspetto, cruciale per comprendere la complessità della vicenda, ha portato alla richiesta e all’accoglimento della messa alla prova per il diciassettenne, con la conseguente separazione del suo processo.
Questa decisione processuale sottolinea la volontà di valutare la responsabilità del giovane in un contesto di minori sanzioni e possibilità di reinserimento sociale, lasciando inalterata la gravità delle accuse mosse all’imputato principale.
La famiglia di Fallou Sall, costantemente presente in udienza, è rappresentata dall’avvocata Loredana Pastore, che ha evidenziato come la richiesta di pena della Procura si articola in quattordici anni per l’omicidio, sei per il tentato omicidio e un anno per il porto abusivo d’arma, il coltello divenuto strumento di una tragedia irreversibile.
La testimonianza del padre di Fallou, rilasciata a Sky, esprime un profondo dolore e la consapevolezza che nessuna pena potrà mai colmare il vuoto lasciato dalla perdita del figlio.
La ricostruzione dei fatti presentata dalla Procura ha delineato la sequenza degli eventi che hanno portato alla morte di Fallou, cercando di individuare le cause scatenanti e la dinamica precisa dell’aggressione.
Ora, a seguito della requisitoria del pubblico ministero, è la volta della difesa, che intende contestare l’accusa principale invocando l’esimente della legittima difesa.
L’avvocato Pietro Gabriele sosterrà che il gesto del suo assistito, pur tragico nelle sue conseguenze, si è verificato in un contesto di pericolo percepito, in risposta a una aggressione pregressa.
Questa strategia difensiva, se accolta dal collegio giudicante, potrebbe attenuare significativamente la pena o addirittura portare all’assoluzione dell’imputato.
La sentenza, prevista per il 15 dicembre, rappresenta il momento culminante di un processo complesso, carico di dolore e di interrogativi sulla responsabilità individuale e sociale.
Il caso solleva inoltre importanti riflessioni sul ruolo della scuola, della famiglia e delle istituzioni nella prevenzione della violenza giovanile e nella promozione di una cultura del dialogo e del rispetto reciproco.
Il futuro del minorenne imputato, e di tutti coloro che hanno subito le conseguenze di questo tragico evento, resta appeso al verdetto del Tribunale.






