La sentenza della Corte di Cassazione, depositata con le relative motivazioni, ridisegna il quadro interpretativo degli esborsi effettuati da Coima Image Group a favore dell’architetto Alessandro Scandurra, alleggerendo significativamente le accuse di illecito arricchimento per reato di corruzione in relazione agli incarichi professionali conferiti.
La decisione, emessa il 13 novembre, ha dichiarato inammissibile il ricorso presentato dalla Procura di Milano nell’ambito delle indagini sull’urbanistica che avevano portato alla revoca degli arresti disposta dal Tribunale del Riesame a carico dello sviluppatore immobiliare Manfredi Catella, dell’architetto Alessandro Scandurra e dell’imprenditore Andrea Bezziccheri.
La Cassazione, nel suo ragionamento, aderisce integralmente alla valutazione del Riesame, che aveva escluso la sussistenza di elementi probatori sufficienti a configurare un rapporto corruttivo tra Catella e Scandurra.
L’analisi della Corte suprema non si limita a una mera conferma della decisione impugnata, ma ne approfondisce la logica, sottolineando come gli onorari versati a Scandurra per la consulenza professionale fornita a Coima non possano essere interpretati come un “quid pro quo” illegale.
Questo elemento chiave introduce una riflessione più ampia sul concetto di conflitto di interessi e sulla sua interpretazione in ambito urbanistico.
La sentenza, infatti, non esclude a priori la possibilità che Scandurra, in qualità di ex componente della Commissione paesaggio, potesse aver avuto un ruolo nell’influenzare decisioni urbanistiche favorevoli a Coima.
Tuttavia, la Corte stabilisce che, per configurare un reato di corruzione, è necessario dimostrare un collegamento diretto e dimostrabile tra l’atto amministrativo compiuto e il vantaggio economico ricevuto.
La decisione della Cassazione solleva questioni rilevanti in merito alla definizione dei confini tra attività professionale legittima e comportamenti illeciti in un contesto caratterizzato da complesse relazioni tra amministrazione pubblica, imprese e professionisti.
La Corte sembra indicare la necessità di un’interpretazione restrittiva del concetto di corruzione, che richieda prove concrete e non basate su mere sospette o presunzioni.
L’esito del ricorso e le motivazioni depositate dalla Cassazione influenzano non solo le vicende processuali in corso, ma possono avere ripercussioni significative sull’interpretazione della normativa in materia di prevenzione della corruzione e sulla gestione dei conflitti di interessi nel settore urbanistico, richiedendo forse una revisione delle prassi amministrative e una maggiore trasparenza nei rapporti tra pubblico e privato.
La sentenza, in definitiva, contribuisce a definire un confine più preciso tra legittima attività professionale e potenziale illecito, invitando a una valutazione più accurata delle prove e a un’interpretazione rigorosa delle norme penali.





