Confisca da 3 milioni: colpita rete di ‘ndrangheta in Piemonte

Un’operazione di ingegneria finanziaria al servizio della giustizia ha portato alla confisca preventiva di beni per un valore complessivo di circa tre milioni di euro, colpita dalla Direzione Investigativa Antimafia (DIA) di Torino, in collaborazione con la Questura di Alessandria.

Questo intervento, che si configura come uno dei più incisivi mai realizzati in provincia di Alessandria in termini di misure patrimoniali, segna un ulteriore passo avanti nella lotta alle organizzazioni criminali e nei loro complessi meccanismi di accumulo e reinvestimento di capitali illeciti.

Il provvedimento, emesso dal Tribunale di Torino – sezione specializzata in misure di prevenzione, a seguito di una proposta congiunta DIA e del Questore di Alessandria – mira a disgregare il patrimonio riconducibile a un noto soggetto alessandrino, gravato da condanne definitive per una serie di reati di considerevole gravità: associazione a delinquere finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti, riciclaggio di denaro sporco, estorsione ai danni di commercianti locali, detenzione illegale di armi da fuoco e materiale esplosivo.

L’analisi patrimoniale, condotta nel corso di un’indagine pluriennale, ha svelato un intricato sistema di occultamento del denaro frutto di attività criminali.

Il sequestro ha interessato una pluralità di asset: otto immobili residenziali e commerciali, tre aziende operanti in settori diversi, un numero significativo di beni mobili registrati (autoveicoli di lusso, imbarcazioni, opere d’arte), e ventuno rapporti finanziari (conti correnti, depositi, investimenti).
Questi beni, apparentemente intestati a familiari e prestanome, sono stati individuati come il prodotto diretto di attività illecite e costituiscono un elemento cruciale nella ricostruzione del percorso illecito dei proventi.
Le indagini hanno inoltre gettato luce su connessioni significative tra l’indagato principale e ambienti della ‘ndrangheta, operanti tra il Piemonte e la Calabria, suggerendo un coinvolgimento in attività criminali transregionali.

La rete di relazioni criminali, attentamente tessuta nel corso degli anni, ha permesso all’organizzazione di operare con una relativa impunità, reinvestendo i proventi illeciti in attività apparentemente legali.

L’esecuzione delle operazioni di sequestro, distribuite in quattro province (Alessandria, Torino, Savona e Bolzano), ha rivelato ulteriori irregolarità, tra cui l’utilizzo di parti meccaniche rubate su veicoli aziendali.
Questi illeciti, che hanno portato a nuove denunce per ricettazione, riciclaggio e truffa assicurativa a carico dell’indagato e del figlio, testimoniano la pervasività della criminalità organizzata e la sua capacità di contaminare anche settori economici apparentemente integri.

Ora, il Tribunale di Torino si appresta a valutare la possibilità di emettere un decreto di confisca definitiva dei beni sequestrati, un provvedimento che implica la loro acquisizione in capo allo Stato.

Inoltre, si valuterà l’opportunità di applicare la sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, una misura che mira a limitare la libertà di movimento dell’indagato e a prevenire la commissione di ulteriori reati.
Questa azione si inserisce in una strategia più ampia di contrasto alla criminalità organizzata, che prevede la sottrazione delle risorse finanziarie, la limitazione della libertà personale e la stigmatizzazione sociale dei responsabili.

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