Un gesto di profonda simbologia e significato spirituale ha siglato un momento di incontro tra la città di Viterbo e il Sommo Pontefice: la consegna di una croce giubilare, un’opera d’arte intrisa di storia, fede e memoria.
Quest’oggetto, forgiato nel cuore dei Monti Cimini, incarna il legame indissolubile tra la comunità viterbese e la Chiesa Universale, rappresentando un omaggio solenne per il Giubileo Universale.
La croce, plasmata con maestria dagli artigiani locali Alessio Gismondi e Marco Bracci, trascende la mera fattura artistica.
Il legno dei castagni dei Cimini, testimone silenzioso di secoli di storia e devozione, è stato arricchito da un elemento di struggente potenza evocativa: chiodi recuperati dai relitti dei barconi dei migranti naufragati a Lampedusa.
Questa scelta deliberata, a forte impatto emotivo, non è casuale.
Essa vuole simboleggiare la vicinanza della Chiesa alla sofferenza umana, all’accoglienza dei vulnerabili, all’urgente necessità di costruire ponti di solidarietà e speranza in un mondo segnato da migrazioni forzate e disuguaglianze.
Il lungo percorso giubilare, intrapreso dalla croce lungo la Via Francigena e la Romea Strata, non è stato un semplice tragitto geografico.
È stato un pellegrinaggio comunitario, un itinerario spirituale che ha raccolto intenzioni di preghiera, speranze sussurrate, fiduciose richieste di intercessione.
Ogni luogo attraversato, ogni incontro lungo il cammino, ha lasciato un’impronta indelebile sulla croce, rendendola un vero e proprio scrigno di umanità.
La benedizione alla Porta d’Europa ha consacrato questo percorso, elevandolo a segno tangibile della grazia divina.
La sindaca di Viterbo, Chiara Frontini, e la consigliera comunale Alessandra Croci, promotrice dell’iniziativa e artefice dell’organizzazione dell’incontro, hanno espresso l’onore e l’emozione di poter presentare la croce al Papa, percependo il gesto come un atto di profonda responsabilità.
La consigliera Croci ha sottolineato come il cerchio si sia compiuto, dalla benedizione a Lampedusa, simbolo di accoglienza e di compassione, fino alla consegna nelle mani del Pontefice.
Più che un oggetto da contemplare, la croce è divenuta un potente veicolo di messaggi.
Con la sua presenza, la comunità viterbese ha voluto offrire al Papa non solo un’opera d’arte, ma anche il peso delle speranze e delle suppliche raccolte lungo il cammino, l’eco delle voci di coloro che hanno trovato conforto e ispirazione nel simbolo della fede.
La “barca di Pietro”, l’ancora di salvezza e il chiodo ritorto, emblemi universali di redenzione e sacrificio, si fondono in un’unica immagine, irradiando un messaggio di fede, speranza e carità verso il mondo intero.
Il gesto, oltre a celebrare un Giubileo, incarna l’impegno della città di Viterbo verso i valori evangelici di accoglienza, solidarietà e speranza.






