La decisione del Tribunale di Sorveglianza di Alessandria ha confermato il collocamento di Elia Del Grande, 50 anni, presso la comunità di accoglienza “La Madonnina” di Alba, con una scadenza fissata al 13 aprile del 2025.
Questa disposizione rientra in un quadro di gestione complessa, che ruota attorno a un evento traumatico e le sue ripercussioni sulla sicurezza pubblica e sulla riabilitazione del condannato.
Del Grande, riconosciuto colpevole nel 1998 dell’efferato omicidio dei propri genitori e del fratello, perpetrato in un contesto familiare segnato da profonde disfunzioni e dinamiche patologiche nel Varesotto, aveva precedentemente violato le restrizioni imposte dalla sorveglianza speciale.
La sua evasione, avvenuta il 30 ottobre dalla casa lavoro di Castelfranco Emilia (MO), ha generato un’immediata ondata di allarme e una caccia all’uomo che si è conclusa il 13 novembre a Cadrezzate, proprio nel comune teatro della sua terribile azione criminosa – un dettaglio che aggiunge un ulteriore livello di inquietudine alla vicenda.
La decisione odierna del Tribunale non è una conferma definitiva della sua “neutralizzazione” del rischio, ma piuttosto una sospensione temporanea, subordinata a una rigorosa valutazione a metà aprile 2025.
A quel punto, scadendo la misura di sorveglianza speciale, verrà nuovamente esaminata la sua pericolosità sociale, analizzando i progressi compiuti nel percorso di riabilitazione, la sua stabilità emotiva e il grado di adesione alle terapie previste.
La decisione evidenzia una tensione intrinseca nella gestione di individui come Del Grande: da un lato, la necessità di garantire la sicurezza della comunità, con l’imposizione di misure restrittive; dall’altro, l’imperativo di offrire opportunità di reinserimento sociale, basate su un approccio multidisciplinare che coinvolge psicologi, psichiatri, assistenti sociali e operatori specializzati.
La valutazione della pericolosità sociale non si basa esclusivamente su criteri comportamentali, ma tiene conto anche della comprensione delle radici profonde del comportamento deviante, dei fattori scatenanti e della capacità di sviluppare strategie di coping efficaci.
La vicenda solleva, inoltre, interrogativi cruciali riguardo all’efficacia del sistema di sorveglianza e delle misure di sicurezza impiegate nelle strutture di accoglienza, nonché sulla capacità di prevenire nuove evasioni e di gestire situazioni di crisi.
Il ritorno nel luogo dell’atroce crimine, sebbene apparentemente simbolico, potrebbe essere interpretato anche come un elemento di recupero della memoria collettiva e di confronto con il passato, a condizione che sia gestito con estrema cautela e sensibilità.
La complessa trama di questa storia, intrisa di dolore, rimpianto e speranza, continuerà ad essere monitorata con attenzione e responsabilità.








